di: Carla Collicelli
EyesReg, Vol.3, N.1 – Gennaio 2013.
Il 46° Rapporto del Censis sulla situazione del paese, presentato il 7 dicembre scorso, registra un appesantimento dei fattori di crisi apparsi sulla scena da alcuni anni a questa parte. E mentre le istituzioni si concentrano sui conti pubblici e sulla credibilità internazionale, i soggetti economici, sociali e territoriali mettono in atto sempre più complesse strategie di sopravvivenza: dalla valorizzazione del patrimonio di valori accumulato (impegno personale, famiglia, relazioni, solidarietà, associazionismo); alla spinta a cercare nuove vie e strumenti (consumi selettivi, acquisti online e low cost, gruppi di acquisto, uso personalizzato dei media, l’esplosione dei social network); al processo di riposizionamento in corso in varie direzioni, che il rapporto documenta con molti dati.
A titolo di esempio basti citare che l’85% delle famiglie ha eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, il 73% va a caccia di offerte e alimenti poco costosi, 2,7 milioni coltivano ortaggi e verdura in proprio, 11 milioni preparano regolarmente in casa cibi come pane, conserve, gelati. In ambito economico, mentre il manifatturiero ha subito un restringimento della base produttiva (il 4,7% di imprese dal 2009) il riposizionamento si verifica nell’export: la quota di esportazioni verso l’Unione europea si riduce, ma quella verso le aree emergenti aumenta.
Diminuisce il peso del made in Italy (tessile, abbigliamento-moda, alimentari, mobile-arredo), ma aumentano le altre specializzazioni manifatturiere, come la metallurgia, la chimica e la farmaceutica. Per quanto riguarda il settore agricolo, secondo un’indagine su un campione di aziende agricole di medie e grandi dimensioni, è elevata la partecipazione a reti di collaborazione finalizzate a tutelare le specificità agricole locali, attraverso il raccordo con università e centri di ricerca, sperimentazioni su prodotti o processi produttivi, consorzi di acquisto di forniture (41,7%), e creazione di un marchio comune (32,7).
Lo stesso trend della “low-slow economy” andrebbe considerato con meno scetticismo, come tendenza a dare maggiore peso, nei consumi come nella produzione, alla qualità piuttosto che alla quantità, agli aspetti di contesto sociale e territoriale più che a quelli meramente economico-finanziari, alla comunità di vita più che agli apparati burocratici. Immaginando che la crisi possa aiutarci a individuare i tratti portanti di una nuova economia del benessere, più umana e centrata sulla persona, ed a farci compiere una ristrutturazione benefica di un assetto sociale novecentesco ormai superato.
Luci ed ombre, dunque, di una situazione di stazionarietà prolungata dello sviluppo, e di disattenzione per la rigenerazione del capitale sociale e culturale, oltre che economico, come tassello fondamentale del benessere, della crescita e della capacità generativa della società. Eppure ai tanti mali si contrappone la forte tenuta valoriale di alcuni elementi fondativi della nostra società, particolarmente importanti per la dimensione territoriale: la convivialità, la accoglienza, la comunità, i prodotti locali, la relazionalità, il benessere psico-fisico, come tutte le indagini sui valori degli italiani, anche quelle realizzate dal Censis in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, confermano. Esistono dunque le basi per un recupero di significato a partire da quella consistenza valoriale sui fronti maggiormente deficitari e sui principali fattori di crisi.
In un libretto pubblicato da alcuni ricercatori Censis qualche anno fa (Collicelli, 2004), si parlava a questo proposito di “Transizioni sommerse”, cioè di cambiamenti meno eclatanti di quelli indotti dalla recente crisi, ma più importanti e sicuramente di più lunga durata. La fine del ‘900 appare in questo senso l’ultimo atto di un processo lungo, che inizia con l’avvento dei moderni stati nazionali e con la crescita della nazione italiana, avvenuta attorno a valori di unificazione prevalentemente amministrativa e linguistica. Il modello di sviluppo dell’occidente ne esce modificato e la crisi pone in maniera seria la questione della globalizzazione e dei suoi effetti sui differenti territori, costringendo a ripensare la definizione stessa di benessere e le sue caratteristiche. Anche le riflessioni teoriche più avanzate esprimono un approccio nuovo, più articolato, al tema del benessere, che ha a che fare con il sistema di equilibrio che vige tra il soggetto, la comunità e l’ambiente.
E’ evidente che benessere e territorio acquistano una importanza particolare alla luce dei trend descritti. E ciò vale per i temi più tradizionali dello sviluppo locale, dalla identità dei distretti produttivi, alla dimensione turistica ed eno-gastronomica, a quella della gestione urbana. Ma vale anche, e tendenzialmente sempre più, per gli aspetti che attengono alla qualità della vita, al benessere olistico ed alla salute. Il ruolo e l’importanza della salute e della sanità nella vita dei cittadini di tutto il mondo sono in costante crescita: cresce l’attenzione per il proprio benessere e per la sua promozione, quella per le malattie e per i progressi della scienza medica, quella per le politiche socio-sanitarie che regolano l’entità, la qualità e l’accesso alle cure, ma soprattutto cresce l’attenzione per i fattori spontanei, comunitari e territoriali, che favoriscono la buona salute, dall’ambiente, al cibo, al lavoro.
Da un punto di vista economico, basti pensare che in Italia la sanità muove 113 miliardi di euro di spesa pubblica (pari al 7,3% del Pil) e 31 miliardi di euro di spesa privata, per un totale superiore al 9% del Pil. La filiera produttiva del settore sposta più di 152 miliardi di euro (ottenuti sommando il valore aggiunto diretto e indiretto), pari all’11,2% del Pil, e vede un numero totale di addetti di 1 milione 568 mila unità (pari al 6,4% dell’intera economia nazionale). Soprattutto a livello sociale e psicologico, però, si diffonde l’approccio sistemico allo sviluppo e al benessere, con la conseguenza di una attenzione rinnovata all’area della salute fisica e mentale, intesa come criterio di valutazione di tutte le politiche pubbliche, da quelle che si occupano della promozione di un lavoro a misura d’uomo, a quelle che puntano ad una organizzazione sociale e ad una urbanistica che producano benessere, alle politiche agricole, del turismo e del consumo, alle politiche sociali. Tanto che le posizioni strategiche più avanzate tendono sempre più spesso a coniugare economia del territorio con umanesimo e benessere fisico e sociale, secondo un paradigma di necessaria e progressiva integrazione sistemica tra diverse sfere della vita.
Può essere utile a tale proposito citare le opinioni di un panel di direttori generali delle Asl, intervistati dal Censis rispetto alle principali criticità in sanità, tra le quali al primo posto viene indicata la medicina del territorio, considerata “non ben strutturata”. I Direttori generali intervistati registrano l’aumento dell’incidenza della propria azienda sanitaria sul Pil del territorio di riferimento e sulla struttura occupazionale locale. Il territorio di riferimento della Asl è il principale bacino di approvvigionamento per personale e imprese fornitrici. L’85% delle Aziende sanitarie, inoltre, si confronta sistematicamente con altri soggetti locali (comuni e associazioni di comuni, sindacati, imprese ed associazioni di imprese). Le difficoltà riscontrate riguardano le risorse disponibili, ma anche gli spazi di possibile innovazione.
Altri recenti studi, come ad esempio quello commissionato al Censis dal Ministero della Salute sulla soddisfazione e qualità percepita (CENSIS, 2010), mostrano vari elementi di diversa performance della sanità italiana a livello regionale, come ad esempio:
– le disfunzioni segnalate dagli utenti del Servizio sanitario per area territoriale in termini complessivi (dal 4,4% del Nord-Ovest al 26,5% di Sud e Isole);
– il dettaglio degli aspetti problematici segnalati per area territoriale, con differenze marcate soprattutto per le liste di attesa (77% nel Sud-Isole e 68% al Centro) e per l’umanizzazione.
Le analisi segnalano peraltro un rapporto non sempre lineare tra investimento economico e risultati raggiunti, il che fa pensare alla necessità di lavorare molto più attentamente alla dimensione della qualità dei servizi, come criterio per un rapporto ottimale costi-benefici. Soprattutto, laddove si sono avuti interventi di risanamento e riequilibrio, come nel caso delle regioni sottoposte a Piano di rientro controllato dal centro, si è registrato un peggioramento della qualità percepita e dei processi di attrazione dei pazienti da altre regioni, a seguito degli interventi realizzati.
Ciò getta un cono d’ombra sui risvolti sociali, oltre che economici, delle manovre di finanza pubblica, ed impone la necessità di comprendere meglio quali siano e possano essere nel futuro le conseguenze delle scelte di rigore finanziario sui diversi territori e la qualità della vita delle popolazioni, considerando che il Servizio sanitario svolge una funzione più ampia rispetto alla sua strategica mission di tutela della salute dei cittadini, essendo uno dei pilastri del benessere sociale e del grado di coesione delle comunità.
Per cui l’area della salute e della sanità risulta oggi pilotata, oltre che dagli esiti dello sviluppo e della ricerca tecnologica e scientifica, con tutto ciò che ne consegue in termini di subordinazione dell’individuo alla scienza ed alla tecnologia, di attenzione per i processi di efficientizzazione delle cure, di controllo, di aziendalizzazione, di primato dell’economia e delle forme di verifica della appropriatezza e della sostenibilità, di spinta al razionamento e di considerazione delle politiche di accesso alle cure; anche dal recupero del primato della persona e della integrazione sociale e sistemica, con tutto ciò che ne consegue in termini di spinte all’empowerement dell’individuo ed alla demassificazione, con conseguente valorizzazione degli elementi soggettivi di riferimento.
Carla Collicelli, CENSIS
Riferimenti bibliografici
CENSIS (2010) Cittadini e salute: la soddisfazione degli italiani per la sanità, Quaderni del Ministero della Salute, 5.
CENSIS (2012) 46° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2012.
Collicelli, C. (2004) (a cura di), Le transizioni sommerse degli anni 90, Rubettino.
Tabella 1. Risorse del paese per prossimi cinque-dieci anni
Maschio |
Femmina |
Totale |
|
La voglia di fare impresa dei singoli e la capacità di innovare |
16,1 |
13,7 |
14,8 |
La qualità della vita/lo stile di vita |
35,1 |
36,8 |
36,0 |
L’efficienza dei servizi (dai trasporti alla sanità, all’assistenza, al tempo libero) |
36,7 |
44,0 |
40,5 |
Le comunità territoriali |
4,2 |
4,0 |
4,1 |
La cura dell’ambiente |
38,2 |
44,4 |
41,5 |
Il tessuto associativo e di autoorganizzazione dei cittadini nei diversi ambiti |
4,4 |
7,8 |
6,2 |
La dotazione di beni culturali e artistici |
13,2 |
9,8 |
11,4 |
Le nuove tecnologie |
28,1 |
15,7 |
21,6 |
L’accumulo di competenze e abilità delle risorse umane |
9,3 |
9,4 |
9,3 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: indagine Censis, 2011