di: Franca Cantoni, Paola Graziano e Fabrizio Maiocchi
EyesReg, Vol.9, N.5, Settembre 2019
Introduzione
Le organizzazioni sono attualmente esposte a ambienti esterni sempre più complessi caratterizzati da ipercompetizione, rapidi cambiamenti e complessità crescente. Come affermano Giustiniano e Cantoni (2017):
Per affrontare la crisi e l’instabilità in un contesto complesso, polimorfico e competitivo, è strategico capire l’eventuale esistenza di una relazione tra un’organizzazione e il suo territorio e quali effetti sinergici potrebbero derivarne. Nello specifico questa ricerca intende indagare – sul territorio definito dalle regioni italiane – il nesso esistente tra resilienza delle imprese e resilienza territoriale. La resilienza è definita come la capacità di resistere e recuperare di fronte a eventi esogeni potenzialmente dannosi (vale a dire gli shock generati dall’ambiente generale e dall’ambiente di attività) ed è rappresentata come una misura di:
- prestazione
- capacità.
Si tratta di due approcci analitici sostanzialmente corrispondenti a due flussi di ricerca (Rizzi et al 2017): il primo si basa sulla concettualizzazione della resilienza come risultato di un percorso, è un approccio specifico per il rischio e richiede l’identificazione delle fasi di shock e recovery e la costruzione di indicatori volti a rappresentare la resistenza durante le crisi e il recupero dopo lo shock (Bailey e Turok, 2016, Martin, 2012; Martin e Sunley, 2015); il secondo è focalizzato sull’identificazione delle risorse che consentono a un territorio di affrontare un evento negativo e sulla rappresentazione della resilienza come capacità multidimensionale di rispondere al cambiamento (Graziano, 2016). La resilienza in questa seconda visione è definita come un input complesso, una capacità multidimensionale che determina lo sviluppo di un territorio.
Campo di indagine è il settore della produzione e delle attrezzature delle macchine (settore ATECO, 28) l’unità di analisi è la regione italiana (livello NUTS 2). La scelta del campo è associata alla crescente diffusione di Industry 4.0 (Brettel et al, 2014) che sfrutta l’automazione e lo scambio di dati nelle tecnologie di produzione. Comprende i sistemi cyber-fisici, l’Internet delle cose, il cloud computing e il calcolo cognitivo. Le fabbriche manifatturiere devono far fronte alla necessità di un rapido sviluppo del prodotto, di una produzione flessibile e di ambienti complessi. Anche se il governo italiano non ha prodotto una politica completa sull’industria 4.0 – a differenza di altri paesi – ad es. Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, e in piccola parte, Francia e Paesi Bassi – va detto che alcuni aspetti rilevanti del Piano sono stati inclusi nella legge di bilancio 2017 in Italia (Seghezzi e Tiraboschi, 2018). Poiché il Piano fornisce alle imprese italiane un investimento pubblico con notevoli benefici fiscali, per incentivare gli investimenti privati in attività con componenti tecnologicamente avanzati (http://www.sviluppoeconomico.gov.it), cresce fortemente l’interesse in termini di ricerca scientifica ed applicata sulle dinamiche del settore.
I periodi di crisi e di recupero sono stati identificati osservando le prestazioni economiche del settore manifatturiero e delle macchine nel periodo 2007-2015. I dati relativi al 2016 sono esclusi perché le modifiche ai principi contabili li rendono eterogenei. Infatti l’esercizio 2016 (per chi ha un esercizio contabile coincidente con l’anno solare) coincide con il primo bilancio annuale redatto con le modifiche introdotte dal recepimento nel nostro sistema (grazie al D.Lgs. 139/2015) della Direttiva contabile UE 34/2013 / UE. A seguito delle modifiche introdotte dal citato decreto legislativo, i principi contabili italiani sono stati aggiornati di conseguenza; in questo caso, i Principi contabili italiani OIC 12 “Composizione e bilancio”, sono stati sottoposti al necessario aggiornamento, dato che il decreto legislativo ha modificato il bilancio e il conto economico, intervenendo sugli articoli 2424 e 2425 del C.C. Tra le modifiche apportate al conto Profitti e Perdite, è particolarmente importante l’eliminazione della sezione straordinaria (classe della voce “E) Ricavi e spese non operative”) in cui sono stati rilevati i Ricavi e le Spese straordinarie (o non operative). Grazie a questa modifica (entrata in vigore nel bilancio 2016) i casi sopra citati devono quindi essere riclassificati come parte delle altre voci di costi e ricavi, con un chiaro impatto sul Risultato Operativo. Ovviamente questo approccio farà emergere “differenze” nel confronto dei bilanci nel tempo, specialmente per un lungo periodo di tempo; ciò potrebbe creare differenze (ad esempio) tra i risultati operativi del 2015 e del 2016 causati non solo dalle evidenti variazioni dettate dal management, ma anche dalla diversa classificazione dei risultati dell’area straordinaria. Poiché questa eterogeneità dovrebbe causare problemi nell’analisi comparativa, è stato deciso di escludere dalla nostra analisi i summenzionati rendiconti finanziari del 2016.
Resilienza organizzativa e territoriale
La resilienza – intesa qui come capacità di recupero da un evento negativo e destabilizzante – è un concetto complesso e multidimensionale principalmente legato alla capacità di tollerare shock / crisi (resistenza) e riconquistare un nuovo equilibrio (recupero).
Per creare le condizioni per la resilienza, quando la probabilità che si verifichino eventi specifici è sconosciuta ed è difficile riconoscere chiaramente i punti di soglia, è desiderabile una fase di rilevamento delle componenti che influenzano la capacità di risposta. In questo senso, un approccio olistico assicura una rappresentazione precoce delle caratteristiche sistemiche e degli aspetti che possono influenzare il percorso di adattamento evidenziando il contributo di tutte le dimensioni (del sistema) alla descrizione del fenomeno. Questo punto di vista mira a rappresentare la resilienza come un fenomeno complesso, come capacità multidimensionale per determinare il percorso di sviluppo, evitando la sottostima di aspetti inaspettati (World Bank, 2014, Graziano, Rizzi, 2016).
Questo lavoro – partendo dal presupposto che sia le organizzazioni che i loro territori sono considerati come sistemi composti da una complessa rete di elementi interconnessi – è finalizzato a comprendere, mediante l’uso di un approccio olistico, le eventuali influenze che potrebbero esistere tra un’impresa e il suo territorio.
Il settore manifatturiero nelle regioni italiane
Il settore indagato è quello della fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca (settore ATECO, 28) e l’unità di analisi è la regione italiana (livello NUTS 2). La scelta del settore è strettamente legata alla crescente diffusione di Industry 4.0. Lo shock è rappresentato dalla crisi economica e finanziaria.
Dati
I periodi di crisi e di recupero selezionati sono i seguenti:
- Crisi: 2007-2009
- (Prima) risposta e recupero: 2009-2011
- Crisi: 2011-2012
- (Seconda) risposta e recupero: 2012-2015.
Per avere strutture organizzative comparabili sono state fatte delle scelte in termini di forma giuridica: per questo motivo sono stati esclusi consorzi, cooperative, società cooperative a responsabilità limitata, società in accomandita semplice, società in nome collettivo, consorzi a responsabilità limitata. Dall’altro lato, è stato deciso di includere: società per azioni, società per azioni con membro unico, società a responsabilità limitata, società a responsabilità limitata con socio unico.
Inoltre sono stati elaborati dati con riferimento all’unità operativa e non alla sede amministrativa.
In sintesi la ricerca ha riguardato le regioni italiane e le imprese nel settore C – Ateco 28. La forma legale delle imprese analizzate è Spa, Spa socio unico, srl, srl socio unico e il volume d’affari >0.
Il campione iniziale era composto da 20206 imprese mentre, applicando i suddetti filtri, il sottocampione risultante è rappresentato da 9312 osservazioni.
La principale domanda di ricerca è stata definita come segue: prendendo come unità di analisi le regioni italiane (livello NUTS 2) quali sono le determinanti (legate all’azienda / territoriali) delle prestazioni resilienti per il settore della produzione e delle attrezzature delle macchine (settore ATECO, 28)?
Per identificare una risposta alla domanda di ricerca sopra descritta, è essenziale capire come misurare le prestazioni di un sistema produttivo territoriale resiliente (SPT).
Quindi le sotto-domande di ricerca risultano essere:
- quando un SPT può essere considerato resiliente?
- come misurare le prestazioni resilienti di un SPT?
Una volta identificate le aziende e quindi i territori resilienti, la ricerca proseguirà con un’indagine qualitativa finalizzata a comprendere le determinanti della resilienza del SPT. Essendo questa ricerca in corso, ai fini di questo lavoro sono stati mostrati solo i risultati preliminari
Metodologia
Questa ricerca impiega un metodo di indagine quali-quantitativo. Nella prima parte è stata adottata una metodologia quantitativa:
- capire quando un SPT può essere considerato resiliente e
- posizionarlo all’interno di una matrice (divisa in 4 quadranti) esprimendo diversi livelli di resistenza e recupero.
È stata adottata una rappresentazione del concetto di resilienza come capacità di tollerare e di reagire con successo ad un disturbo interno o esterno.
Successivamente è stata indentificata una grandezza del bilancio che, tra le informazioni disponibili, potesse essere utilizzata come indicatore della capacità di un’impresa di riprendersi da un evento esterno particolarmente oneroso come una crisi esogena. L’analisi della dinamica temporale può fornire infatti informazioni sul percorso dell’impresa verso un eventuale ritorno alla solidità.
A questo proposito, è stata scelta come misura di riferimento l’EBIT – generato dalle operazioni della società – poiché un reddito netto positivo può essere prodotto solo quando l’EBIT è in grado di coprire non solo i costi finanziari ma anche i successivi oneri straordinari e le spese fiscali. Infatti, la misura primaria meno influenzata dai costi finanziari, dagli oneri straordinari e dalle imposte è l’EBIT (reddito operativo) ed è normalmente utilizzata per “coprirli”.
Ottenere un buon livello di EBIT e aumentarlo / supportarlo nel tempo può innescare un circolo virtuoso e conseguentemente portare a una maggiore solidità con evidenti effetti sulla resilienza. Poiché la resilienza è qui considerata come la capacità di recuperare un equilibrio, l’EBIT è utilizzato come misura di riferimento mentre ROS (EBIT / ricavi) come diretta espressione dei collegamenti tra prezzi di vendita, volumi e costi operativi, date le vendite nette raggiunte. Una volta definito un metodo per valutare la resilienza dei SPT, i dati sono stati aggregati per unità di analisi, cioè le regioni italiane (livello NUTS 2). Sono stati calcolati indicatori di recupero e resistenza al fine di rappresentare il comportamento dei SPT durante la crisi e dopo la recessione. In precedenti ricerche sulla resilienza dei sistemi economici regionali (Lagravinese, 2014, Martin, 2012, Martin, 2016) sono state applicate diverse misure, confrontando la variazione del valore aggiunto regionale o la variazione del tasso di occupazione regionale con il cambio medio nazionale, durante e dopo lo shock. In questo lavoro viene presentata una nuova versione di indicatori di resistenza e di recupero utilizzando i dati di bilancio delle società. La misura che è stata introdotta confronta la variazione dei ROS regionali con la variazione media nazionale, durante e dopo lo shock (Martin, 2012), come segue:
dove (ROS)_R e (ROS)_N rappresentano rispettivamente Return on Sales a livello regionale e nazionale e sono espressi come variazione temporale (da t-x a t). Quindi β è riferito a due periodi di crisi e a due periodi di recupero. In entrambi i casi un valore di β maggiore di 0 rivela che le prestazioni di una regione specifica sono migliori delle prestazioni dell’Italia. Come anticipato, i risultati verranno rappresentati in una mappa di posizionamento con 4 quadranti che esprimono diversi livelli di resistenza e recupero. Una volta completata la prima parte dell’indagine, la seconda utilizzerà un metodo qualitativo per definire quali fattori (correlati all’azienda o territoriali) hanno contribuito al posizionamento all’interno di uno specifico quadrante della matrice. :
Discussione
Il seguente grafico a dispersione (Fig. 1) riassume la associazione tra la misura della resistenza (ascissa) e la misura del recupero (ordinata) per le regioni italiane. Tali misure sono calcolate come media tra due fasi di crisi (2007-2009 e 2011-2012) e le due fasi di recupero (2009-2011 e 2012-2015). :
Figura 1: Sintesi del rapporto tra la misura della resistenza e il recupero (Fonte: elaborazione propria basata su dati Bureau Van Dijk, 2017)
Si evidenziano nel quadrante I le regioni con i valori più alti di indicatori durante e dopo lo shock. La Toscana, con alcune grandi e solide imprese, emerge come il miglior SPT in termini di resilienza seguito dall’area adriatica (Marche e Puglia) caratterizzata da sistemi di reti produttive; troviamo nel quadrante dei territori performanti Emilia-Romagna e Veneto, dove le politiche per l’innovazione, il trasferimento tecnologico, il networking imprenditoriale e gli incentivi finanziari compensano le dimensioni ridotte delle unità locali. Infatti, l’Emilia-Romagna e il Veneto sono tradizionalmente vocati alla produzione delle macchine utensili per la lavorazione dei metalli: lo sviluppo del Cluster Smart Manufacturing nella città di Piacenza può essere preso come esempio. Il sistema produttivo lombardo (posizionato nel III ° quadrante) non rivela una buona performance nonostante la presenza di un modello di business orientato al mercato. Segnala un valore negativo di β sia in fase di recessione che in fase di recupero, anche se solo leggermente peggiore rispetto al livello nazionale. Il quadrante IV mostra i risultati di regioni con un valore di β maggiore del livello nazionale durante la crisi, ma inferiori a quello nazionale dopo lo shock. È il caso del Friuli Venezia Giulia che costituisce una quota importante del settore manifatturiero italiano.
Il grafico a dispersione evidenzia la correlazione positiva tra resistenza e recupero dei SPT. Una bassa vulnerabilità durante la crisi sembra essere associata positivamente alla capacità di riprendersi dopo lo shock. Al contrario, alti livelli di vulnerabilità durante la crisi sono associati a una capacità di auto-rinnovamento dei SPT. In particolare, è il caso delle regioni che mostrano una performance negativa rispetto alla media nazionale in entrambe le dimensioni della resilienza.
Franca Cantoni, Paola Graziano , DISES – Università Cattolica del Sacro Cuore – Piacenza
Fabrizio Maiocchi , Laboratorio di Economia Locale – Università Cattolica del Sacro Cuore – Piacenza
Bibliografia
Bailey, D. & Turok, I. 2016. Editorial. Resilience revisited. Reg Stud 50:557–560
Giustiniano, L., Cantoni, F., 2017. “Between Sponge and Titanium: Designing micro and macro features for the resilient organization”, Learning and Innovation in Hybrid Organizations, Palgrave
Graziano, P., 2014. Rischio, vulnerabilità e resilienza territoriale: il caso delle province italiane. In:Mazzola, F., Musolino, D., Provenzano, V. (eds) Reti, nuovi settori e sostenibilità. Prospettive per l’analisi e le politiche regionali. Franco Angeli, Milano, 243–270.
Graziano P., Rizzi P., 2016. Vulnerability and Resilience in the Local Systems: the case of Italian Provinces. Science of the Total Environment 553: 211-222
Lagravinese R., 2014. Crisi Economiche e Resilienza regionale. Eyesreg-Giornale di Scienze regionali. 4, 2:48-55.
Martin R., 2012. Regional economic resilience, hysteresis and recessionary shocks. JEconGeogr 12(1):1–32
Martin R., 2016. How regions react to recessions: resilience and the role of economic structure. Reg Stud 50:561–585.
Martin R., Sunley P., 2015. On the notion of regional economic resilience: conceptualization and explanation. J Econ Geogr 15(1):1–42.
Rizzi P., Graziano P., Dallara A., 2017. A capacity approach to territorial resilience: the case of European regions. The Annals of Regional Science. DOI 10.1007/s00168-017-0854-1
Seghezzi F., Tiraboschi M., 2018. Italy’s Industry 4.0 Plan: An Analysis from a Labour Law Perspective. E-Journal of International and Comparative Labour Studies, 7 (1)