Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

Capacità amministrativa delle regioni italiane nella Politica di Coesione a fine 2019, e ammontare dei Fondi SIE

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di: Aurelio Bruzzo e Monia Barca

EyesReg, Vol. 10, N. 6, Novembre 2020

Introduzione

Il presente studio consiste in un approfondimento di una più ampia analisi che è stata condotta dagli autori con riferimento alla situazione europea e italiana (Barca e Bruzzo, 2020). Con esso si indaga l’effettiva fondatezza della presunzione avanzata da alcuni studiosi ed esperti delle questioni meridionali (1), secondo cui anche le regioni in ritardo di sviluppo – che sono quelle che dispongono delle più consistenti risorse finanziarie – sarebbero riuscite a realizzare il rispettivo processo di spesa in una misura non solo in linea con l’obiettivo prefissato e concordato con le autorità europee, ma anche tale da collocarle ad un livello soddisfacente di capacità amministrativa.

Tale approfondimento è stato condotto mediante un metodo di indagine sostanzialmente analogo a quello impiegato da Foglia e Aiello (2019), vale a dire una semplice verifica econometrica, introducendo però la distinzione fra le varie tipologie di regioni individuate in Italia in base al loro livello di sviluppo socio-economico.

I due studiosi appena citati sono autori di uno studio sulle differenze regionali registrabili nella spesa dei fondi europei, secondo il quale sarebbe “empiricamente infondata” la percezione che l’Italia stia perdendo risorse europee a causa della inefficiente gestione della spesa delle regioni in ritardo. Essi constatano che, se si considera la spesa del periodo 2014-2020 certificata a fine 2018, le regioni in ritardo di sviluppo registrano un volume di spesa, cioè di pagamenti effettivi, che nel complesso è minore di quella media nazionale (18% contro 23%).

Tuttavia, se si considerano gli impegni di spesa, le stesse Regioni raggiungono in media il 72% dell’intera programmazione, che è un dato più alto del 3% rispetto alla media nazionale. Sulla base di questi dati, dunque, per tali studiosi non sarebbe possibile affermare che le Regioni del Sud siano relativamente meno efficienti, anche perché i loro programmi operativi erano ancora in corso di attuazione (Foglia, Aiello, 2019).

Inoltre, secondo Foglia ed Aiello, alla base di una simile valutazione va collocata una ragione che non è di poco conto: le Regioni del Sud, ricevendo circa il 60% dei fondi destinati al totale delle Regioni, dispongono di Programmi operativi da realizzare relativamente più consistenti e, quindi, più difficili da gestire rispetto a quelle che hanno una dotazione inferiore.

Più precisamente, se è diverso l’ammontare dei fondi disponibili sarebbe diversa anche la numerosità delle procedure da attivare e da finalizzare da parte dell’apparato burocratico-amministrativo di ciascuna Regione. In altre parole, è più facile gestire un programma relativamente “piccolo” rispetto a un programma relativamente “grande”; e questa valutazione risulterebbe confermata dalla correlazione negativa (-0.25) che essi hanno ottenuto tra il peso di ogni programma regionale sul totale nazionale e la spesa di ciascuna regione (in % del totale) (2). Di conseguenza, i due studiosi pervengono alla conclusione secondo cui, diversamente da un’impressione relativamente diffusa, le Regioni meridionali italiane “non restituiscono fondi a Bruxelles” (3).

In seguito alla soluzione operativa precedentemente segnalata, si riescono invece ad evidenziare le differenze esistenti tra i processi regionali di spesa, le quali tendono a suffragare l’ipotesi di partenza qui sostenuta, vale a dire che tali processi di spesa sono fortemente condizionati dall’ambiente socio-economico ed amministrativo in cui essi vengono condotti. Essendo notevolmente diversi i contesti regionali nel cui ambito operano le Amministrazioni regionali italiane, i risultati quantitativi a cui portano i loro procedimenti di spesa non possono che essere altrettanto differenti, rendendo più difficile cogliere una tendenza univoca prevalente. Per le sole regioni in ritardo di sviluppo, però, sembra che nelle procedure amministrative di spesa seguite dalle Amministrazioni regionali si possa cogliere una sorta di “economie di scala”, almeno una volta che vengono raggiunti e superati determinati volumi di risorse finanziarie a loro disposizione. In definitiva, il principale risultato di tipo analitico qui conseguito andrebbe in controtendenza rispetto a quanto sostenuto negli studi da cui si è preso spunto, in merito alla relazione esistente tra il livello della capacità di spesa e la consistenza della dotazione finanziaria.

Metodo d’analisi e risultati conseguiti

Verifica della relazione tra ammontare di risorse finanziarie e capacità amministrativa per i POR 2014-2019

In questa sede, per stabilire l’effettivo livello di efficienza finanziaria – determinato mediante il calcolo del semplice rapporto tra i pagamenti effettuati e gli stanziamenti programmati – si cerca di tenere in più adeguata considerazione la diversa consistenza di volta in volta assunta per ciascuna Regione dalle due variabili in esame, vale a dire l’ammontare delle risorse programmate e quello delle risorse effettivamente spese.

Al fine di determinare il supposto legame tra l’ammontare delle risorse disponibili e livello di efficienza finanziaria, si è proceduto per stadi:

  1. innanzitutto, dopo aver riordinato le Regioni italiane in termini di ammontare decrescente di risorse finanziarie programmate, si è provveduto a ripartire le 21 Amministrazioni regionali e provinciali tra le 5 Regioni meridionali (con e senza la Basilicata) che sono ancora in via di sviluppo, e le rimanenti Regioni centro-settentrionali, gran parte delle quali sono sviluppate mentre alcune sono tuttora in fase di transizione;
  2. in seguito, si è determinato il livello di efficienza evidenziato dalle varie Amministrazioni regionali e provinciali, calcolando gli indici “ponderati” di efficienza, vale a dire pesati in base all’incidenza sul rispettivo totale nazionale sia degli stanziamenti che dei pagamenti, e tale calcolo è stato effettuato distinguendo tra quelle in via di sviluppo e le rimanenti. 

Come si può facilmente presumere, passando dagli indici semplici di efficienza a quelli ponderati, i valori assunti da questi ultimi indici per ciascuna Regione risultano diversi da quelli non ponderati, nel senso che:

  • per le Regioni meridionali in ritardo di sviluppo, che in genere dispongono di un ammontare di risorse notevolmente più elevato rispetto a tutte le altre, a prescindere dalla loro dimensione demografica, il valore dell’indice ponderato di efficienza tende a diminuire rispetto a quello non ponderato, in quanto gli stanziamenti sono posti al denominatore del rapporto;
  • invece, per le altre Regioni, sia sviluppate che in transizione, gli indici ponderati assumono valori più o meno analoghi rispetto a quelli dei corrispondenti indici non ponderati, riflettendo in modo più evidente la diversa capacità amministrativa fatta registrare dalle rispettive Amministrazioni regionali, anche perché in questo caso gli stanziamenti finanziari sono sostanzialmente commisurati alla dimensione socio-economica e demografica delle varie regioni.

Verifica della relazione tra capacità amministrativa e qualità di governo per le Regioni italiane

Inoltre, l’analisi qui condotta si differenzia dal punto di vista metodologico rispetto a quelle più frequentemente effettuate, giacché in essa si cerca di tener conto anche dei suggerimenti contenuti in quei contributi che, ai fini della interpretazione dei risultati conseguiti dalle varie Amministrazioni preposte nella gestione delle risorse finanziarie destinate alla politica di coesione dell’UE, ritengono particolarmente rilevante il ruolo svolto dalla cosiddetta “qualità di governo” (4).

A questo scopo si è ricorsi all’indice europeo di qualità del governo (5), cioè il Quality of Government Index (EQI), il quale è ottenuto considerando tre dimensioni di analisi: il grado di imparzialità nell’esercizio delle funzioni pubbliche, il livello della corruzione e la qualità nell’erogazione dei servizi pubblici. Questo indice, finora riferito al 2017, rappresenta l’unica misura attualmente disponibile a livello regionale nell’UE con caratteristiche di multidimensionalità nell’analisi della qualità percepita per le istituzioni pubbliche (6).

Al di là delle precisazioni metodologiche che si possono fornire in merito ad altri analoghi indici disponibili, è evidente che in effetti la qualità del governo costituisce ormai una delle dimensioni chiave per comprendere e, se possibile, superare le differenze di sviluppo fra le diverse componenti territoriali dell’UE. In effetti, i temi della qualità istituzionale e della reputazione pubblica rappresentano sempre più la frontiera d’analisi anche per il nostro Paese (7).

Risultati ottenuti e principali conclusioni

Risultati delle elaborazioni econometriche

Rispetto alle analisi che considerano l’insieme di tutte le Regioni italiane, la situazione appare ben diversa se si considerano le regioni in ritardo di sviluppo distintamente dalle altre: infatti, in questo caso la relazione evidenzia un valore di r2 decisamente superiore anche a quello relativo al quadro complessivo, sebbene il tipo di relazione risulti lievemente inversa, per cui – come sostenuto da Foglia ed Aiello – al crescere delle risorse programmate, il livello di efficienza tenderebbe a diminuire.

  Prospetto 1: Riepilogo dei valori di r2 ottenuti dalle elaborazioni econometriche

  Fonte: nostre elaborazioni su dati MEF-DRGS-IGRUE (2020) ed European Commission (2018).

Tale situazione, però, pare dipendere in realtà dalla presenza all’interno del gruppo della Regione Basilicata la quale dispone di un molto più limitato ammontare di risorse, per cui – se questa viene esclusa dal calcolo – il valore di r2 aumenta decisamente. In altre parole, se si considerano soltanto le quattro regioni meridionali che dispongono delle maggiori risorse finanziarie, emerge una forte relazione positiva tra queste ultime e il livello di efficienza, come se – oltre la soglia dei due miliardi di euro di programmi di spesa – si riuscissero ad ottenere notevoli “economie di scala” nella loro gestione finanziaria. Presunzione questa che, ovviamente, è tutta da verificare, anche mediante più approfondite indagini, da condurre anche “sul campo” (8).

Se poi si prende in esame la relazione tra il livello dell’efficienza di spesa (sempre in termini di indici ponderati) rilevato alla fine del 2019 e quello della “qualità di governo”, verificata però in base alla più convenzionale ripartizione territoriale (Centro-Nord e Sud), i valori assunti dall’r2 appaiono diversi rispetto a quelli finora illustrati. Infatti, per l’insieme di tutte le Regioni si ottiene un valore decisamente più elevato rispetto a quello ottenuto in precedenza, indicando una relazione positiva tra la capacità di spesa nella conduzione della politica di coesione e la qualità del governo, anche se in misura più significativa per le regioni meridionali, dove paradossalmente l’indice assume però valori decisamente inferiori.

Principali conclusioni

In definitiva, il tentativo qui effettuato di “testare” in modo più preciso ed articolato le ipotesi di lavoro avanzate in alcuni precedenti studi tende ad evidenziare tre elementi degni di interesse:

  • innanzitutto, il ruolo esercitato dall’ammontare delle risorse finanziarie di cui usufruiscono le Regioni, emerge in modo evidente quando si considerano distintamente le regioni in ritardo di sviluppo, che sono quelle che beneficiano in misura decisamente maggiore dei fondi europei;
  • in secondo luogo, se si cerca di valorizzare tale ruolo mediante una più precisa ponderazione dei valori di spesa la situazione non muta in misura così elevata come inizialmente si presumeva;
  •  infine, particolarmente rilevante appare il ruolo esercitato dalla qualità di governo ai fini di cogliere il livello della capacità amministrativa fatta registrare dalle Amministrazioni regionali che sono impegnate nella gestione della politica europea di coesione.

Aurelio Bruzzo e Monia Barca,Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Ferrara

Bibliografia

Barca M., Bruzzo A. (2020), La capacità amministrativa nella gestione delle politiche di coesione: analisi della performance di spesa dei Fondi SIE, a livello europeo e italiano, alla fine del 2019, relazione presentata alla XLI Conferenza italiana di Scienze regionali, Roma, 2-4 settembre.

Bernardo A. (2019), “Intervento”, Rivista giuridica del Mezzogiorno, n. 3, pp. 633-642.

Della Porta M. R. (2018), Qualità della pubblica amministrazione, l’Italia in fondo alla classifica Ue. L’analisi Eqi, https://www.i-com.it/2018/04/24/pubblica-amministrazione-italia-ue/.

Foglia F., Aiello F. (2019), “Sviluppo regionale, a che punto è la spesa dei fondi europei?”, Regional EconomyVolume 3, Q2, 2019, pp. 25-29.

European Commission (2018), European Quality of Government Index 2017, https://ec.europa.eu/regional_policy/en/information/maps/quality_of_governance.

Mele G. (2019), “Efficienza ed efficacia della politica di coesione e qualità istituzionale”, Rivista giuridica del Mezzogiorno, fasc. 3, settembre, pp. 657-668.

Molica, F., Rositano, D. (2017), L’Italia non sta usando i fondi europei? Falso!, 19 dicembre, http://www.linkiesta.it/it/article/2017/12/19/litalia-non-sta-usando-i-fondi-europei- falso/36541/.

Nifo A., Vecchione G. (2015), “Measuring Institutional Quality in Italy”, Rivista economica del Mezzogiorno, fasc. 1-2, pp. 157-182.


Note

(1) Ci si riferisce, in particolare, a Molica e Rositano (201), nonché a Bernardo (2019).

(2) A nostro avviso un valore dell’r2 così basso starebbe ad indicare che la correlazione è alquanto modesta.

(3) Tale affermazione risulta in ogni caso vera, ma più che altro per il semplice motivo che le Amministrazioni regionali interessate, d’intesa con il governo nazionale e la Commissione europea, provvedono in tempo utile, cioè prima che scada il termine temporale per l’assunzione degli impegni, ad effettuare delle riprogrammazioni che consentono di mantenere a loro disposizione le risorse stanziate a loro favore.

(4) Ci si riferisce, ad esempio, a Mele (2019).

(5) Tale indice è periodicamente elaborato dall’Università di Göteborg, con il contributo della Commissione europea; cfr. http://ec.europa.eu/regional_policy/en/information/maps/quality_of_governance.

(6) Un analogo, ma meno recente indice è quello elaborato da Nifo, Vecchione (2015).

(7) Per approfondimenti in merito alla posizione detenuta dall’Italia, rispetto agli altri Paesi europei, e dalle singole regioni italiane si rinvia a Della Porta (2018).

(8) Negli anni passati molte informazioni utili in questo senso erano fornite dalle relazioni illustrative dei Piani di Rafforzamento Amministrativo (P.R.A.) che le Regioni dovrebbero predisporre ed implementare, ma delle quali da tempo si è perso traccia.

Appendice grafica


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