di: Elena Maggi, Andrea Scagni, Massimiliano Rossetti, Matteo Colleoni
EyesReg, Vol. 11, N. 2, Marzo 2021
Introduzione
L’analisi del pendolarismo casa-lavoro/studio e le relative politiche di gestione dei flussi costituiscono un elemento chiave nel perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile e, in particolare, per la riduzione dell’inquinamento e la congestione nelle aree urbane, rendendole più attrattive. Il tema è quindi da tempo oggetto di notevole interesse, in differenti contesti geografici (e.g., Romanowska et al., 2019; Cattaneo et al., 2018; Lavery et al., 2013). L’insorgere della pandemia da Covid-19 ha imposto cambiamenti alle abitudini di mobilità, sia forzati dalle disposizioni normative sia per scelta personale al fine di ridurre il rischio sanitario, impattando in particolar modo sul trasporto pubblico locale (Lozzi et al., 2020).
In questo contesto le università giocano un ruolo notevole, in quanto luoghi di attrazione di flussi di trasporto sistematici e consistenti (Grechi et al., 2019) e luoghi del vivere collettivo in cui la prevenzione sanitaria risulta più tecnicamente complessa da assicurare.
Per questo motivo il Gruppo di Lavoro Mobilità della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS), con il patrocinio della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, ha avviato nel luglio 2020 un’indagine, tramite questionario on-line, sulle abitudini di spostamento verso/da le sedi accademiche italiane di studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo (PTA), alla luce dell’emergenza sanitaria Covid-19.
Il presente lavoro presenta alcune elaborazioni dei dati raccolti a fine luglio da 44 università italiane. Vengono messe a confronto le scelte di mobilità precedenti alla pandemia con quelle previste per la ripartenza delle attività, ipotizzando due scenari di basso rischio sanitario (ottimistico; scenario 1) oppure medio-alto (pessimistico; scenario 2); particolare attenzione è stata posta sui fattori di sicurezza sanitaria, multimodalità e sostenibilità.
Il campione di circa 85.000 risposte (rappresentativo di una popolazione accademica totale pari ad oltre 1 milione di membri) è composto per il 79% da studenti, 11% da docenti o ricercatori e 9,6% da personale tecnico-amministrativo. Le università del nord, localizzate nelle regioni più colpite dalla pandemia, prevalgono: il 45% delle risposte riguarda il nord-ovest, il 24% il nord-est, il 16% il centro ed il 15,5% sud e isole.
Frequenza e scelta della modalità di trasporto prima e dopo
In assenza di vincoli esterni, nella comunità accademica prevale un atteggiamento di frequenza delle sedi universitarie conservativo delle abitudini pre-Covid, in caso di rischio sanitario molto ridotto: anche se circa un terzo vorrebbe diminuire la sua presenza in università, ben il 65,7% ha dichiarato l’intenzione di continuare a frequentare l’università quanto prima. Tale percentuale crolla, però, drasticamente (al 18,6%) nello scenario pessimistico: in tal caso, il 61% del campione frequenterà le sedi universitarie solo nelle occasioni strettamente necessarie. L’orientamento è simile in tutte le aree del Paese. Riguardo al possibile cambiamento di modalità di trasporto, mentre nello scenario ottimistico solo il 17,6% intende attuarlo, tale percentuale si raddoppia in caso di più elevato rischio sanitario. Focalizzandosi sul mezzo di trasporto prevalente (come distanza) nel tragitto casa-università ed aggregando le modalità nelle tre categorie indicate nella Figura 1, si rileva uno shift modale prevalentemente dal trasporto pubblico all’automobile e per una bassa percentuale alla modalità attiva (a piedi o in bicicletta). Il calo del trasporto pubblico a vantaggio delle altre due modalità è più forte nello scenario pessimistico (-10%).
Figura 1. Scelta del mezzo prevalente pre-Covid-19 e nei due scenari pandemici
Analizzando le scelte modali disaggregate per ruolo e macroarea geografica (Fig. 2-3), analogamente a quanto emerso nell’indagine nazionale sulla mobilità universitaria del 2016 (Colleoni, Rossetti, 2019), si rileva nella situazione pre-Covid un più limitato uso dell’auto da parte degli studenti, rispetto al personale, mentre il ricorso alla mobilità attiva (poco meno del 20%) da parte dei docenti è in linea con gli studenti. Nei due scenari pandemici, si conferma per tutti i ruoli lo shift modale sopra descritto, con una maggiore accentuazione nel caso degli studenti. La suddivisione per macroaree evidenzia ora, in linea con le rilevazioni del 2016 e con quelle dell’Osservatorio Audimob (ISFORT, 2020a), una più marcata scelta del trasporto pubblico nelle aree in cui il servizio è maggiormente capillare e frequente, come nel Nord-Ovest (68,5%), in contrasto con il Sud (47,4%), mentre la mobilità attiva è più diffusa nel Nord-Est (oltre il 25%), area notoriamente a forte tradizione ciclabile.
Figura 2. Scelta del mezzo prevalente per ruolo
Le differenze di mobilità pre-Covid tra le aree geografiche del paese si mantengono nelle previsioni di ripresa, anche se in termini relativi la quota percentuale dell’auto si incrementa un po’ di più al Nord, dove l’emergenza è stata fin dall’inizio più drammatica.
Figura 3. Scelta del mezzo prevalente per area
I cambiamenti individuali negli spostamenti
Focalizzandosi sui cambiamenti individuali pre-pandemia e nei due scenari di evoluzione pandemica, le matrici di transizione (Tab. 1-2) evidenziano che nello scenario ottimistico il 95,8% di coloro che andava in università a piedi o in bicicletta continuerà a farlo, e in quello pessimistico tale percentuale aumenta lievemente (96,1%) – come prevedibile, data la relativa sicurezza sanitaria di queste modalità. Analogamente si comporta l’automobilista che mantiene consolidate le sue abitudini anche al tempo del Covid-19. Il dato più rilevante è però quello relativo agli utenti pre-pandemia del trasporto pubblico: il rischio di contagio, combinato con le restrizioni del coefficiente di riempimento dei mezzi, tendono a spingere le persone verso altre modalità considerate più sicure (Gkiotsalitis, Cats, 2020; ISFORT, 2020b). L’incidenza di questa “fuga” dal mezzo pubblico, mentre è pari al 9% nello scenario 1, è più consistente nel 2: circa un 20% degli utenti del trasporto pubblico ha dichiarato di passare all’auto nel 13,3% dei casi e alla mobilità attiva nel 6%. Su queste quote le politiche di mobilità devono incidere, incentivando un più ampio ricorso alla mobilità attiva, e limitando, con misure di aumento dell’offerta e gestione dei mezzi, l’abbandono del trasporto pubblico.
Tabella 1. Matrice di transizione per il viaggio casa-università (scenario ottimistico)
Tabella 2. Matrice di transizione per il viaggio casa-università (scenario pessimistico)
La riduzione nell’uso del trasporto pubblico è assai più marcata per il corpo docente, dove meno del 60% dell’utenza – già limitata – del trasporto pubblico intende mantenere tale scelta e la transizione da trasporto pubblico a auto (32,6%) è quattro volte superiore rispetto alla transizione verso la modalità attiva (8,2%), mentre per gli studenti è “solo” il doppio (Tab. 3).
Tabella 3. Matrice di transizione della modalità principale per ruolo (scenario 2)
Scelte e vincoli: il ruolo del capitale di mobilità
Come è noto in letteratura, le scelte di mobilità sono strettamente vincolate all’offerta di servizi di trasporto a cui l’individuo può accedere e all’effettiva disponibilità di mezzi di trasporto privati (. Per questo, parlare di “scelte” di mobilità è spesso ipotetico: in alcuni casi l’individuo può avere una sola opzione, ad esempio solo l’auto perché il trasporto pubblico non è disponibile sulla tratta e la distanza è troppo elevata per la mobilità attiva.
Il capitale di mobilità, cioè l’effettivo insieme di opzioni adottabili per la propria mobilità, non è immutabile, essendo possibile acquistare nuovi mezzi di trasporto o poter usufruire di un miglioramento dei servizi di trasporto. Tuttavia, le rigidità sono evidenti, specie relativamente all’acquisto di un’auto.
Per tenere conto di questo aspetto, l’indagine ha rilevato l’effettiva disponibilità all’interno della famiglia di ciascuna tipologia di mezzo di trasporto privato per il casa-università (Fig. 4).
Figura 4. Disponibilità dei mezzi di trasporto individuali per il pendolarismo casa-università
Si evidenzia la minore disponibilità da parte degli studenti sia dell’auto, di oltre venti punti percentuali, sia della bicicletta, di circa 10 punti. Quote equivalenti (ma ancora limitate) si registrano solo per i monopattini, mezzo dai connotati decisamente “giovani”.
Le intenzioni di acquisto di veicoli (Fig. 5) mostrano ancor più il divario tra studenti e personale: una quota doppia (ma comunque limitata) di studenti intende acquistare un’auto rispetto ai dipendenti (che ne dispongono già in larga maggioranza). La divergenza è opposta e molto marcata sulle intenzioni di acquisto di veicoli elettrici, economicamente fuori portata per molti studenti ed invece presenti nei piani per l’immediato futuro del 7-9% del personale. Si tratta comunque di quote minoritarie, né è valutabile quanto l’emergenza Covid-19 sia fattore rilevante nel determinare tali intenzioni di acquisto.
Se classifichiamo i rispondenti in base ai mezzi disponibili, distinguendo solo tra auto/moto e mezzi “ecologici”, abbiamo quattro gruppi: quelli che non hanno alcun veicolo disponibile per recarsi in università (24,3%), coloro che dispongono solo di mezzi ecologici (10,1%) ovvero solo auto/moto (34,1%) e quelli che dispongono di entrambi (31,5%). In linea di principio, solo quest’ultimo gruppo può effettivamente “scegliere” tra le due alternative.
Figura 5. Intenzioni di acquisto di veicoli privati
Nell’immediato, quindi, un quarto della comunità universitaria non ha reali possibilità di scelta, potendo ricorrere solo alla pedonalità o al trasporto pubblico. Riesaminando la “fuga” dal trasporto pubblico in quest’ottica, le “scelte” risultano nettamente condizionate dalle opzioni disponibili (Tab. 4). Chi non dispone di mezzi rimane più facilmente utente del trasporto pubblico (88,3%), mentre il passaggio all’auto è praticamente unanime per chi dispone solo di veicoli a motore (21,7% contro 2% verso la mobilità attiva). Anche se sono disponibili entrambi i tipi di mezzi, il “ritorno” all’auto prevale (15,8% contro 7,7%). Solo tra chi dispone unicamente di “eco-mezzi” la mobilità attiva diventa la destinazione prevalente.
Tabella 4. Transizioni “in fuga” dal trasporto pubblico per tipo di mezzi di trasporto individuali disponibili
Distanze e scelte
La distanza casa-università può portare all’esclusione della mobilità attiva e a modificare la propensione all’uso degli altri mezzi. In tale ottica, il passaggio alla mobilità attiva diviene rilevante solo sotto i 10-12 chilometri, e prevalente sotto i 6-7 (Fig. 6). La massima concentrazione di passaggio dal trasporto pubblico all’auto si ha tra i 15 e 40 chilometri; tuttavia, tale scelta mantiene una certa rilevanza anche per distanze contenute (parte verde della fascia di passaggio all’auto). E’ questo il segmento dove la mobilità attiva è un’opzione realmente praticabile, su cui va focalizzato lo sforzo di policy per incentivare un diverso. Disincentivare lo shift verso l’auto di un pendolare da 40 km richiede invece una progettualità diversa e più articolata, col mantenimento almeno parziale dell’uso del trasporto pubblico, ad esempio attraverso forme di “park and ride” in cui l’auto ha un ruolo parziale, venendo sostituita da trasporto pubblico metropolitano per la tratta finale.
Figura 6. Transizioni “in fuga” dal trasporto pubblico per distanza casa-università
Impatto sul traffico e implicazioni di policy
L’indagine qui presentata aiuta anche a valutare le implicazioni dei cambiamenti delle scelte modali della popolazione universitaria in termini di incremento del livello di traffico stradale. Anche se una stima attendibile è ovviamente un obiettivo complesso, è possibile delineare alcune previsioni, combinando i dati pre-Covid e nei due scenari previsivi sulle scelte modali con quelli relativi alla frequenza di spostamento settimanale verso l’università e traendone una stima della variazione del volume di viaggi/settimana per ciascuna modalità. I risultati di tale analisi, riassunti nella tabella 5, evidenziano un calo sia a livello aggregato che per modalità, particolarmente nello scenario pessimistico, giustificato dal fatto che l’80% degli intervistati ha dichiarato di volersi recare presso l’Ateneo il meno possibile o al massimo la metà delle volte di prima della pandemia. La minore frequenza prevista dai rispondenti comporta una diminuzione dei volumi di traffico rispetto a quelli pre-Covid. Il calo è maggiore per il trasporto pubblico, dove minor frequenza e cambiamento modale negativo si combinano; anche per l’auto, tuttavia, la maggior quota modale non controbilancia l’effetto della minore frequenza.
Tab 5. Variazioni stimate dei volumi settimanali di spostamenti casa-università per modalità rispetto al pre Covid-19
Tali stime sono ovviamente fortemente influenzate dalle politiche di riavvio delle lezioni in presenza e da quelle di smart working. Ne sono una dimostrazione i diversi tentativi di riapertura effettuati da settembre 2020 ad oggi, che hanno portato anche ad un aumento del traffico veicolare sulle strade urbane. Le previsioni di shift modale al momento della ripartenza delle attività in presenza devono stimolare gli Atenei ad intensificare le proprie azioni di mobility management in chiave sostenibile, usando la leva sia economica (es.: abbonamenti scontati) sia motivazionale (es.: interventi di sensibilizzazione), per spingere studenti e personale a privilegiare forme di spostamento con mezzi in condivisione (sharing, pooling) e/o attivi e/o di trasporto pubblico, combinati in un’unica soluzione intermodale per le medio-lungo distanze. Vi è infatti una grande preoccupazione che alcune scelte, indotte dall’attuale situazione epidemiologica, possano diventare permanenti anche una volta risolta l’emergenza. Questa sarà una delle principali sfide anche di amministratori pubblici ed imprese di servizi di trasporto, chiamati da un lato a governare la mobilità prefigurandosi scenari alquanto incerti, dall’altro lato a programmare servizi alternativi o, quantomeno, complementari all’uso dell’automobile privata individuale, accelerando l’integrazione dei mezzi e la promozione della mobilità sostenibile.
Elena Maggi, Università dell’Insubria
Andrea Scagni, Università di Torino
Massimiliano Rossetti e Matteo Colleoni, Università di Milano-Bicocca
Riferimenti bibliografici
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