di: Silvio M. Brondoni e Margherita Corniani
EyesReg, Vol.3, N.2 – Marzo 2013.
R&D e Open Innovation
La produzione di massa e realizzata da imprese organizzate in network, evidenzia due aspetti che sottolineano la crescente importanza delle politiche imitative su scala globale (Brondoni, 2007):
– la specializzazione verticale della R&S. Lo sviluppo delle tecnologie di produzione è divenuto un’attività realizzata con crescente modularizzazione ed i processi di progettazione sono realizzati in modo indifferenziato, di norma da parte di imprese esterne sub contrattiste, specializzate in queste attività. Questa modularizzazione sta rendendo il lavoro di progettazione più facilmente trasferibile, con il risultato di determinare la delocalizzazione di importati elementi della catena di produzione della conoscenza verso localizzazioni con operations a basso costo;
– la separazione della produzione fisica (realizzata da imprese di produzione sub contrattiste) e delle attività di R&D dalle vendite (realizzate da imprese con organizzazioni di vendita globali). I network globali focalizzati su politiche di imitazione di innovazione competitiva non solo innovano a livello globale, ma anche producono e vendono in tutto il mondo. La gestione dell’innovazione e della imitazione globali è guidata dalla concorrenza, stimola l’avanzamento tecnologico ed accelera i cicli delle preferenze della clientela.
In particolare, innovazione ed imitazione sui mercati globali mettono in evidenza il passaggio da politiche chiuse (closed innovation) a politiche aperte (open innovation). Le politiche chiuse di innovazione sono infatti caratteristiche dei mercati locali, tendenzialmente protetti rispetto al confronto competitivo esterno. In questi contesti si sono così affermate le condizioni fondanti della Resource-Based Theory, basata sul principio della massimizzazione delle risorse interne all’azienda, in vista di una loro valorizzazione nel confronto con le altre aziende. Il fondamento di questo approccio competitivo sta proprio nella ricerca all’interno dell’azienda delle condizioni da valorizzare per stabilire un adeguato livello di confronto con l’esterno. Si tratta di una logica di tipo inside-out, secondo la quale le imprese al loro interno dispongono di definite risorse e la loro abilità competitiva sta nel combinare tali risorse, in modo da realizzare un vantaggio rispetto ai concorrenti che non dispongano delle medesime risorse o non le sappiano combinare in modo analogo. I processi imitativi caratteristici di questa impostazione rispetto alla gestione dell’innovazione che, appunto, proviene dall’interno, sono ben sviluppati ed indirizzati a seguire le imprese leader nel disegno di analoghe combinazioni di risorse, realizzando i cosiddetti me-too products, cioè prodotti che imitano i prodotti delle imprese leader, affiancandosi loro e contribuendo alla generazione del potenziale di mercato, sempre e comunque, in posizioni di subordine dal punto di vista innovativo ed anche, in ultima analisi, competitivo.
La conoscenza funzionale al governo dei processi di innovazione e di imitazione è tipicamente concentrata in azienda e la proprietà intellettuale viene difesa innalzando barriere protettive, tese ad isolarla da potenziali “copiature” ed appropriazioni esterne. I principali indicatori di performance relativi ai processi di innovazione si riferiscono alla generazione del potenziale di innovazione e riguardano primariamente le spese sostenute per le attività di R&D nonché il numero di brevetti realizzati e posseduti.
I mercati globali hanno indotto le imprese a confrontarsi con confini aperti, rispetto ai quali anche le politiche di innovazione ed imitazione sono di tipo aperto (open innovation), guidate da logiche di orientamento competitivo al mercato (market-driven). Le imprese, tendono quindi a riferirsi primariamente ai concorrenti nell’organizzare risorse, processi e politiche, secondo un approccio outside/in, per cui, dall’esterno, l’impresa deriva idee, linee guida, risorse, processi, ecc. per declinarli internamente, integrandoli nei propri processi e realizzare così innovazioni ed imitazioni competitive. Le innovazioni e le imitazioni divengono quindi il prodotto di un processo competitivo, originando dalla combinazione di “stimoli” ottenuti dal mercato (soprattutto dai concorrenti) che sono poi tradotti e declinati dall’impresa nelle proprie relazioni di network.
L’open innovation si caratterizza per la presenza di conoscenza distribuita (dentro l’impresa, fuori dall’impresa – presso i concorrenti, i partner, i fornitori, i clienti, ecc.) e la proprietà intellettuale, anziché concentrarsi principalmente sulla difesa di posizioni acquisite, come avviene nei mercati chiusi alla concorrenza globale, tende ad essere focalizzata sulla diffusione dell’innovazione, rispetto alla quale, in effetti, è indispensabile agire prima e meglio dei concorrenti.
Gli indicatori di performance dei processi innovativi ed imitativi sono quindi costituiti dalla realizzazione effettiva del potenziale di innovazione e riguardano misure come il time-to-market o il tasso di utilizzo di brevetti, evidenziando proprio la vocazione di esercizio del potenziale, anziché quella del suo accumulo.
R&D, imitazione, innovazione a analisi del valore
I processi di innovazione ed imitazione che, per lo più, danno vita alle cosiddette innovazioni incrementali, che si diffondono sui mercati globali, sono il risultato della applicazione strutturata di procedimenti specificamente indirizzati allo scopo. In effetti, il meccanismo di azione e reazione competitiva e le dinamiche leader-follower sono alla base di processi di copiatura e di imitazione per cui le imprese più competitive investono esplicitamente nelle azioni che le vogliono orientate ai concorrenti (market-driven management) anche attivando funzioni specificamente indirizzate al monitoraggio delle azioni competitive (competitive intelligence).
Le imprese dedicano infatti specifiche risorse (spese di R&D) alla realizzazione dell’analisi del valore che si basa sulla scomposizione di ogni prodotto e sulla verifica dell’utilità di ciascuna componente rispetto alla funzionalità complessiva del prodotto stesso (Brondoni, 1983). Il procedimento si articola nella ricerca di possibili alternative a ciascuna componente, sia nella verifica di prodotti sostitutivi, sia nella valutazione dell’ipotesi di realizzare la medesima componente con materiali, forme e procedimenti differenti. L’analisi del valore costituisce la base dei processi innovativi /imitativi in quanto presuppone lo sviluppo di specifiche analisi critiche su prodotti e processi aziendali e, alla ricerca di continui miglioramenti in termini di funzionalità da realizzare e risparmi di risorse da ottenere, impone un susseguirsi di sforzi aziendali di imitazione ed innovazione.
In particolare, a seconda che l’analisi del valore sia compiuta su prodotti e processi dell’impresa che la sviluppa o su quelli di aziende concorrenti, prende il nome di analisi del valore orientata allo sviluppo interno o di analisi del valore competitiva.
La forma di analisi del valore orientata allo sviluppo interno si focalizza, quindi, su processi, prodotti e offerte dell’azienda stessa, alla ricerca di miglioramenti e perfezionamenti di processi e prodotti già realizzati dall’impresa, per mantenerne la competitività nel tempo (cioè per realizzarli a costi decrescenti e garantirsi una crescente capacità dei prodotti realizzati di soddisfare le esigenze dei clienti). L’analisi del valore competitiva si focalizza invece sullo studio delle offerte concorrenti, alla ricerca di spazi di miglioramento leciti, cioè non vietati dalla normativa in materia di tutela delle opere di ingegno. I prodotti dei concorrenti vengono così esaminati nei minimi dettagli per poter sfruttare la conoscenza in essi contenuta e valorizzarla in nuove o migliorate produzioni aziendali. Si tratta cioè di “copiare migliorando” ed adattando i prodotti dei concorrenti, realizzando perciò produzioni che incorporano innovazioni di tipo incrementale e che, di fatto, tendono a sospingere il confronto competitivo verso processi di azione e reazione “innovativa/imitativa” continui nel tempo, su scala globale. L’analisi del valore competitiva implica però un processo di imitazione ed innovazione più complesso di quella orientata allo sviluppo interno, in quanto, a partire dall’osservazione degli output dei processi dei concorrenti, mira a imitare i processi stessi, con lo scopo di acquisire “le regole del fare” per integrarle nel proprio business (Brondoni, 2004). Si tratta quindi di imitare il sistema di relazioni che le imprese competitor hanno instaurato con co-makers e concorrenti, nonché i criteri di esecuzione delle attività di sviluppo che conseguono alla ricerca ed alla generazione di innovazioni di rottura o incrementali (Corniani, 2009).
L’efficacia dei processi di imitazione basati sulla analisi del valore dipende in ogni caso dalla capacità delle imprese di effettuare investimenti sistematicamente indirizzati in questa direzione sia in ottica di sviluppo interno, sia in chiave competitiva. Così le spese in R&D, tradizionalmente misura della capacità innovativa di una impresa, possono invece essere l’indicatore di sofisticate strutture dedicate allo sviluppo dei confronti competitivi indirizzati alla imitazione incrementale di prodotti, processi e sistema di relazioni di network dei concorrenti ed alla loro integrazione nei processi e nei prodotti aziendali, alla ricerca di nuove e continue vie di generazione del vantaggio competitivo sui mercati globali.
In tal senso, significativi indicatori della capacità delle imprese globali di innovare/imitare i propri concorrenti generando maggior valore per la clientela ed, in ultima analisi per i propri azionisti è rappresentato da:
– numerosità e localizzazione delle sedi di R&D nel mondo;
– investimenti in R&D a livello aggregato ed a livello di specifiche sedi aziendali.
In particolare, un esempio emblematico della capacità di innovare codificata in precise procedure di gestione della localizzazione in specifiche aree regionali delle sedi di R&D è rappresentato dal caso di due note imprese Sud Coreane come Samsung ed LG che presentano strutture dedicate alle attività di R&D in diverse aree del mondo, organizzate sul territorio in base a criteri di:
– capacità di coagulare informazioni e conoscenze dal territorio (Corniani, 2007);
– possibilità di controllare il territorio in termini di innovazione/imitazione e di relazione con domanda e concorrenza.
Le scelte operative di investimenti in R&D delle imprese, quindi, non possono prescindere dalla capacità di attrazione fornita dai singoli territori che devono essere in grado di coagulare conoscenze tecniche (disponibilità di risorse umane specializzate, nonché di idonee infrastrutture) ma anche di generare l’indotto per uno scambio di conoscenze e per l’effettiva messa in opera di azioni di imitazione competitiva (Brondoni, 2011), come avviene in alcuni noti cluster del mondo (ad es. Sylicon valley per i chip, etc.) dove il sistema territoriale aggrega strutture aziendali che vi localizzano poli di R&D finalizzati al monitoraggio della concorrenza e della tecnologia. D’altro canto, anche l’aggregazione delle capacità di consumo (Corniani, 2011) è indispensabile per lo sviluppo dei processi innovativi/imitativi, rispetto ai quali le grandi imprese globali innovation driven tendono a ricercare importanti poli di aggregazione dei consumi per lo studio dei processi di acquisto e per lo sviluppo delle innovazioni/imitazioni. Così si determinano localizzazioni delle sedi di R&D in grandi aree urbane con consumi di alto profilo, dove sono presenti sia i knowledge workers, sia i knowledge clients, per la gestione dei flussi di input ed output dell’impresa innovativa con il mercato (Cappellin, 2011).
Silvio M. BRONDONI e Margherita CORNIANI, ISTEI-Sezione di Economia e Gestione delle Imprese, DEMS-Dipartimento di Economia, Metodi Quantitativi e Strategie di Impresa, Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Bibliografia
Brondoni Silvio M., Global Networks, Knowledge Management and World Cities, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2011, pp. 7-18
Brondoni Silvio M. (ed.), Market-Driven Management concorrenza e mercati globali, Giappichelli, Torino, 2007.
Brondoni Silvio M., Risorse immateriali e concorrenza d’impresa, in Brondoni S.M. (ed.), Il sistema delle risorse immateriali: cultura d’impresa, sistema informativo e patrimonio di marca, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 3-26.
Brondoni Silvio M., Politiche di mercato dei beni industriali, Giuffré, Milano, 1983.
Cappellin Riccardo, Growth, Consumption and Knowledge Cities, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 2, 2011, pp. 6-22.
Corniani Margherita, Shopping Centres and Intangible Consumption in Global Cities, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2011, pp. 41-54
Corniani Margherita, Comunicazione digitale, sistema informativo e Market-Driven Management, in S.M. Brondoni (ed.), Market-Driven Management e Mercati Globali, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 159-178.
Corniani Margherita, Market-Driven Management, gestione delle scorte e relazioni di fornitura, Giappichelli, Torino, 2009.