di: Alberto Bramanti e Remigio Ratti
EyesReg, Vol.4, N.4 – Luglio 2014.
Il Cantone Ticino s’incunea a sud della Alpi nell’area Pedemontana lombardo–piemontese, incastonato tra le province del Verbano Cusio Ossola, di Varese e di Como. La storia economica dell’area transfrontaliera insubrica – una sola regione dal punto di vista geografico, ambientale, linguistico-culturale e sociale – è largamente influenzata dalle frontiere istituzionali che hanno modellato le divergenze strutturali andatesi a creare durante le quattro diverse fasi di sviluppo dell’area (Ratti, 2005; Mazzoleni e Ratti, 2014).
La storia economica dell’area transfrontaliera insubrica – una sola regione dal punto di vista geografico, ambientale, linguistico-culturale e sociale – è largamente influenzata dalle frontiere istituzionali che hanno modellato le divergenze strutturali andatesi a creare durante le quattro diverse fasi di sviluppo dell’area (Ratti, 2005; Mazzoleni e Ratti, 2014).
Figura 1 – L’area transfrontaliera insubrica, confini amministrativi
Saltando per brevità le prime tre (sviluppo delle economie industriali di fine ‘800; secondo dopoguerra; ventennio 1975-1995) segnaliamo come proprio sul finire della terza fase, con una presa di coscienza – sebbene tardiva – della necessità di una governance adeguata dei numerosi problemi che insistono a cavallo del confine nasce, nel 1995, l’Associazione transfrontaliera “Regio Insubrica”, sulla falsariga delle spinte dell’Accordo di Madrid del Consiglio d’Europa del 1980 (Bramanti, 2002; Friedrich et al., 2005).
Infine, dagli anni ‘90 al 2010, le vecchie frontiere sono al centro di un processo di riposizionamento a scale europea di una frontiera aperta alla globalità (Popescu, 2012; Hamez, 2013), mentre risaltano alcune frontiere dei luoghi e delle reti che assumono il ruolo di risposta del locale (a tratti con accenni localistici) al globale (Bramanti e Salone, 2009). Dentro lo scenario attuale il ruolo della Regio Insubrica potrebbe risultare centrale per un percorso di costruzione strategica di medio–lungo periodo (Torricelli e Stephani, 2009). Interrogarsi sul ruolo della Regio significa dunque interrogarsi sulla governance structure che essa potrà/vorrà darsi, anche alla luce delle nuove opportunità offerte dal contesto europeo (Biot, 2013). È esattamente su questo ruolo che il presente articolo si interroga, offrendo alla discussione dei lettori: i) un’ipotesi scenaristica verso cui indirizzare gli sforzi di costruzione possibile (§ 2); ii) un tris di proposte concrete (§ 3), anche provocanti, che la nuova governancedell’area potrà eventualmente fare proprie per incalzare la politica territoriale e rimettere in movimento un’area dalle grandi opportunità ma che pare addormentata.
1. Quattro possibili scenari: verso una nuova governance multilivello
Se guardiamo all’attualità – la vertenza fiscale sulla tassazione dei patrimoni depositati nelle banche svizzere e la preoccupazione diffusa tra i ticinesi per l’aumento costante del numero dei frontalieri (passati dai 5 mila del 1955 agli oltre 53 mila del 2012) – emerge uno scenario (Fig. 2) altalenante tra l’arroccamento e la chiusura [scenario 2] – con una Regio reattiva e chiusa rispetto a tutto ciò che modifica il suo status quo – e una Regio in balia degli eventi [scenario 1], cioè di una zona di confine “apatica” e “afasica” fatalmente destinata a disgregarsi. Appena meno conservatore, ma ugualmente orientato esclusivamente al breve periodo, è anche lo scenario di una regione insubrica quale zona cuscinetto [scenario 3], orientata a cogliere opportunità di breve periodo e a sfruttare vantaggi opportunistici e rendite posizionali di corto respiro.
Figura 2 – Quali scenari per la governance transfrontaliera?
Scenario 1 Una Regio Insubrica “apatica” e “afasica”, IN BALIA DEGLI EVENTI |
Scenario2 Una Regio Insubrica “reattiva” e “chiusa”, IN POSIZIONE DI ARROCCAMENTO |
Scenario 3 Una Regio Insubrica “opportunistica”, ma miope ZONA CUSCINETTO |
Scenario 4 Una Regio Insubrica capace di vision e di progettualità di medio–lungo periodo, MULTI-LEVEL GOVERNANCE |
L’unico scenario rivolto al futuro – e ancorato a una più solida strategia di medio-lungo periodo – è certamente quello di un’area transfrontaliera integrata [scenario 4], capace di visioni e di progettualità condivise, in grado di “negoziare a più livelli” al fine di generare un surplus di valore aggiunto in termini di conoscenza, reti, incremento di competitività, remunerazione di risorse (pubbliche e private), “fiscalità dedicata” e reinvestimenti mirati sul territorio.
Pensando alle sfide del mondo glocal la risposta dell’Insubria non deve tanto contare su improbabili vantaggi competitivi sui fattori di produzione, specie salariali (e questo vale particolarmente per la parte svizzera) ma sull’aumento della produttività (stagnante nei due lati del confine) (Comunità di lavoro Regio Insubrica, 2002; Ratti e Schuler, 2013). E quindi sulla costruzione di un nuovo capitale territoriale (Camagni, 2008; Brasili, 2012) – formazione, saper fare territoriale da valorizzare, reti di imprese, economia di apprendimento – tutte strategie che implicano un certo superamento dei confini (Associazione Carlo Cattaneo, 2012).
2. Alcune proposte istituzionali e progettuali
La sezione conclusiva dell’articolo prova a tirare le fila declinando in alcune proposte lo scenario più pro-attivo appena discusso (cfr. figura 2; scenario 4), fondato sugli assets caratterizzanti il capitale territoriale dell’area Insubrica (Bednarz et al., 2011; 2012). Si tratta di tre nodi che attengono, rispettivamente, alla domanda di rinnovamento istituzionale che si è aperta (§ 3.1); al pieno sviluppo di una potenzialità forte presente nell’area, concernente i servizi finanziari per il sistema produttivo (§ 3.2); a un’ipotesi di progettualità innovativa e dirompente che viene qui avanzata più come suggestione evocativa di possibilità interessanti da approfondire e su cui lavorare (§ 3.3). Certamente l’agenda è molto folta e ci sarà lavoro per tutti.
2.1 La Regio Insubrica e le opzioni per una governance forte
Le necessità di governance di un’Insubria capace di visioni e di progettualità comporta l’adozione di formule istituzionali di diritto pubblico, più forti, anche se snelle, rispetto a quelle di una semplice associazione come la Regio Insubrica. Dal 2006 l’UE favorisce, sotto l’etichetta GECT (Biot, 2013), la creazione di “gruppi europei di cooperazione territoriale” comprendenti autorità ai vari livelli e un “think tank” aventi lo scopo di meglio coordinare e garantire, pragmaticamente, l’attuazione di progetti condivisi pubblici-privati, possibilmente proposti dal basso, mirati e a geometria variabile. Con la metamorfosi delle provincie, la nuova Regio potrebbe, con l’avallo delle capitali, comprendere i livelli regionali (Ticino, ev. Grigioni; Lombardia, ev. Piemonte), nonché i sindaci dei comuni che ne vorranno far parte.
2.2 Un ponte tra la banca ticinese e le aziende insubriche
L’azienda italiana, che soffre per la mancanza di credito, ha bisogno non solo di facilitazioni d’accesso finanziario, ma anche di servizi aggiuntivi e complementari. Il credito va inserito in un contesto più ampio, in un pacchetto di servizi quali i crediti documentari, la gestione delle divise e dei cambi, i pagamenti internazionali, l’approvvigionamento in materie prime. Sono queste prestazioni che la banca commerciale svizzera conosce da sempre. Oggi, in un mondo in cui le prossimità economiche e le sinergie fanno la differenza, solo il 5% delle imprese industriali delle province italiane ha relazioni con gli istituti bancari del vicino.
Nella sovrapposizione di regole istituzionali diverse, e in un quadro di specializzazione della banca ticinese nella gestione patrimoniale, il tema di un ponte tra banca ticinese e azienda del Nord Italia è certamente stato fino a ieri un problema inesistente. Una ricerca congiunta (promossa dalla Regio Insubrica) del Centro di studi bancari e dell’Università dell’Insubria (Chopard e Garofoli, 2012) rivela però in che modo si possono rimuovere gli ostacoli, e danno una serie di raccomandazioni e di misure da attuare a breve: dall’informazione reciproca, agli incentivi alla formazione in ambito “cross-border” delle attività creditizie, alla parità di trattamento nell’accesso alle garanzie e ai patti di arbitrato. Si tratta di prospettare assieme un’opportunità di mercato capace di assicurare sviluppo economico nei rispettivi territori. È questa una proposta molto seria se non si vuole continuare a vedere il “dislocamento da fuga” di industrie italiane verso la Svizzera, con i relativi lavoratori trasformati in frontalieri.
2.3 La costituzione di un’“Area di Aggregazione e di Armonizzazione Transfrontaliera” (AAA-T)
Lo scenario più pro-attivo di un’area transfrontaliera integrata (cfr. Figura 1, scenario 4) non si realizza, come già ricordato, né automaticamente, né per il libero gioco del mercato. Disparità e divergenze importanti sono ancora presenti, e percepite tali, sia nelle regole del gioco sia nei parametri economici di base tra uno Stato e l’altro.
Da qui nasce l’interesse per l’identificazione di specifiche zone territoriali in cui prefigurare e sperimentare l’Europa economica, sociale e ambientale di domani. Non si tratta però di allineare – limitatamente a queste aree speciali – le regole del gioco sul diritto più liberale dei paesi partner (una sorta di clausola della nazione più favorita); ma, piuttosto, di trovarne delle nuove in grado di stimolare, di non discriminare, di assicurare una maggiore equità fiscale tra le parti.
La proposta qui avanzata guarda con interesse e tiene conto di un ampio fermento presente a diversi livelli nei territori europei a riguardo. Il “Conseil général du Haut-Rhin”, ad esempio, propone di creare in via sperimentale una “zone européenne de développement économique”(Degermann-Wirzt-Adauhr, 2013), nell’ambizione di “riconquistare delle condizioni quadro (diritto del lavoro e diritto fiscale, in primis) che siano eque e condivise, per consentire investimenti e attirare attività innovative durevoli. In Italia il “decreto del fare” (legge 183/2011) ha introdotto le “zone a burocrazia zero” (allargate a tutto il territorio nazionale) che dovrebbero fare ampio ricorso all’istituto del silenzio-assenso. Il Parlamento regionale lombardo – nella seduta dello scorso 8 ottobre 2013 – ha votato la mozione 75 concernente l’inserimento di Regione Lombardia nelle “zone a burocrazia zero”.
Proponiamo di denominare queste aree speciali “zone a tripla A”: “Aree d’Aggregazione e Armonizzazione Transfrontaliera” (AAA-T). Un accordo internazionale e transfrontaliero dovrà identificare la delimitazione del/i territorio/i con tale denominazione, le materie e i contenuti passibili di interventi, le procedure quadro da applicare. L’idea di fondo è semplice quanto intrigante: l’accordo quadro è firmato dagli stati nazionali (quale implementazione intelligente dei principi di libertà europei e degli accordi bilaterali Italia-Svizzera), e all’interno di questo le amministrazioni pubbliche, le istituzioni locali, le organizzazioni territoriali e persino i singoli attori economici possono firmare accordi, promuovere progetti, implementare azioni di sostegno, sulla base di regole semplificate e pre-definite.
Tre esemplificazioni (necessariamente iniziali) possono aiutare a definire i contorni della proposta. La prima riguarda i “Parchi Industriali Integrati”: una rete di imprese manifatturiere e operatori di terziario di una specifica filiera (nell’area Insubrica sono identificabili almeno 5 filiere (Maggi e Mini, 2013): moda, meccatronica, bio-tecnologie, turismo e accoglienza, logistica e spedizioni) che benefici dello snellimento burocratico, di certezza nei tempi, di facilitazioni nell’integrazione transfrontaliera, di elevata qualità dei servizi (finanziari, logistica, design, ricerca, formazione specializzata, ecc.). Le ricadute per i singoli operatori sono un incremento della produttività e per il territorio una maggiore attrattività e una “fiscalità dedicata”, magari con vincolo di parziale reinvestimento nella filiera stessa. La seconda riguarda dei possibili accordi inter-sindacali sui temi della formazione integrata transfrontaliera, sui tirocini e sugli apprendistati, accordi che possono mirare ad innalzare la qualità della manodopera (da entrambi i lati della frontiera) e ad aumentarne la mobilità territoriale. La terza è relativa all’apertura del “contratto di rete” (Bramanti, 2012) ad imprese ticinesi e svizzere, irrobustendo le relazioni transfrontaliere unitamente alle performance aziendali delle imprese partner. La rete transfrontaliera di imprese può inoltre essere il soggetto unitario destinatario di ulteriori e specifiche agevolazioni secondo il principio “zero burocrazia”, contribuendo per tale via all’innalzamento della produttività totale dei fattori.
La presenza di una o più aree a “tripla A” configurano la Regio Insubrica come un’area laboratorio (di scala e visibilità europea), in cui mettere a punto e testare soluzioni innovative da ampliare progressivamente all’intero territorio insubrico (ed eventualmente oltre).
Un’ultima annotazione sembra fondamentale: si tratta di un esperimento sostanzialmente “a costo zero”: lo scambio non è infatti “sviluppo e occupazione” contro “incentivi finanziari e sgravi fiscali”, bensì “sviluppo e occupazione” contro “snellimento burocratico, semplificazione delle norme, certezze dei tempi”.
Alberto Bramanti, Università Bocconi, Milano
Remigio Ratti, Università della Svizzera Italiana, Lugano
Riferimenti bibliografici
Associazione Carlo Cattaneo (2012), Quale sviluppo transfrontaliero?. I Quaderni dell’Associazione, N. 69, Castagnola.
Bednarz F., Garofoli G., Losa F. (2011), a cura di, Strategie e politiche di sviluppo in un’area transfrontaliera. Il caso dell’Insubria FrancoAngeli, Milano.
Bednarz F., Garofoli G., Losa F. (2012), a cura di, Cooperazione transfrontaliera e reti tra imprese. Innovazione e sviluppo nell’Insubria. FrancoAngeli, Milano.
Biot V. (2013) “Les systèmes de gouvernance des territoires transfrontaliers: la mise en oeuvre du règlement européen sur les GECT (Groupements Européens de Coopération Territoriale”. Belgeo. Société Royale Belge de Géographie, N. 1/2013. [http://belgeo.revues. org/10565].
Bramanti A. (2002), “Lo sviluppo nella regione transfrontaliera”. Lombardia Nord/Ovest, N. 3, pp. 19-26.
Bramanti A. (2012), a cura di, Fare squadra per competere. L’esperienza delle reti di impresa nel contesto italiano e lombardo. Aracne Editrice, Roma.
Bramanti A., Salone C. (2009), a cura di, Lo sviluppo territoriale nell’economia della conoscenza: teorie, attori, strategie. Scienze Regionali, FrancoAngeli, Milano.
Brasili C. (2012), a cura di, Gli indicatori per la misura del capitale territoriale. Rapporto di ricerca Regio Cycles & Trends, Bologna.
Camagni R. (2008), Per un concetto di capitale territoriale. IRES Piemonte, Torino.
Chopard R., Garofoli G. (2012), La banca ticinese e l’azienda del Nord Italia: possibili collaborazioni in un’ottica di integrazione economica transfrontaliera. Centro di Studi bancari Villa Negroni e Università degli Studi dell’Insubria, Rapporto di ricerca, Vezia e Varese.
Comunità di lavoro Regio Insubrica (2002), Il mercato del lavoro nella Regione insubrica: verso una parziale integrazione. Quaderno N. 6, Bellinzona.
Degermann-Wirz-Adauhr (2013), Un enjeu stratégique pour le Haut-Rhin. L’agglomération trinationale de Bâle; un territoire d’expérimentation, Conseil Général Haut-Rhin.
Friedrich R., Franzi A., Roić S., Ronza R. (2005), a cura di, Nuove regioni europee. La sfida dell’Insubria. Giampiero Casagrande Editore, Bellinzona.
Hamez G. (2013), “Vers un modèle multiscalaire des territoires frontaliers intérieurs à l’Union Européenne”, Belgeo, Société Royale Belge de Géographie, N. 1/2013. [http://belgeo.revues. org/10558].
Maggi R., Mini V. (2013), La catena del valore transfrontaliera: il potenziale dei sistemi integrati di produzione. USI–IRE, Osservatorio delle politiche economiche, Lugano.
Mazzoleni O., Ratti R. (2014), a cura di, Vivere e capire le frontiere in Svizzera. Vecchi e nuovi significati nel mondo globale. Dadò Editore, Locarno.
Popescu G. (2012), Bordering and Ordering the Twenty-first Century. Rowman & Littlefield, Lanham, Maryland.
Ratti R. (2005), “L’effetto economico-spaziale della frontiera nelle relazioni fra Svizzera e Italia dal 1848 a oggi”. Lorenzetti L., Valsangiacomo N., a cura di, Lo spazio insubrico. Un identità storica tra percorsi politici e realtà socio-economiche 1500-1900. Casagrande Editore, Milano/Lugano, pp. 259-283.
Ratti R., Schuler M. (2013), “Typologie des espaces-frontières à l’heure de la globalisation”. Belgeo, Société Royale Belge de Géographie, N. 1/2013. [http://belgeo.revues. org/10546].
Torricelli G.P., Stephani E. (2009), La cooperazione transfrontaliera in Svizzera. Regione Insubrica / Ticino–Lombardia–Piemonte. Rapporto Osservatorio dello sviluppo territoriale (OST–TI), Mendrisio, Berna.
Nota
Lo scritto riprende e sviluppa alcune “tesi” sulla governance della Regio Insubrica che sono state presentate e discusse a Como, lo scorso 21 gennaio 2014, a una conferenza organizzata dal Gruppo di Lavoro Insubrico (GLI) dei Rotary Club. In quell’occasione hanno partecipato al dibattito: il Segretario della Regio Insubrica (Gianella); i Sindaci di Varese (Fontana) e Lugano (Borradori); il Presidente della CCIAA di Como (De Santis); il Presidente dell’Associazione Bancaria Ticinese (Generali; il Membro del Consiglio agli Stati della Confederazione (Lombardi); il Presidente della commissione Italia–Svizzera di Regione Lombardia (Brianza). A tutti va un sentito ringraziamento per gli spunti critici e i suggerimenti migliorativi. La responsabilità di quanto sostenuto impegna solo gli autori
at 16:40
Trovo questa analisi molto pertinente in questi tempi dove si sta pianificando il nuovo programma operativo Interreg Italia-Svizzera. Di fatti i regolamenti sia di Interreg che del suo corrispondente legislativo svizzero, la politica regionale, permettono di attuare le tre proposte fatte in questo articolo. Se i responsabili sia svizzeri che italiani lo vogliono…
Allora per che non usare il programma Interreg per fare alcuni passi in avanti nella direzione proposta ? – E possibile di prepararsi subito!
Come osservatore estero vedo due ostacoli maggiori ad una messa in moto di una politica pro attiva nella zona insubrica. Prima osservo che gli attori pubblici sono tetanizzati da una situazione politica disastrosa che ha tutte le caratteristiche di un conflitto. Quindi non vogliono o non osano collaborare. Secondariamente le aspettative verso una misura d’incitazione come Interreg sono molto diverse se non incompatibili, passando dalla volontà di captazione di fondi alla ricerca di valore aggiunto di sviluppo.
La scienza dice che la cooperazione dipende di quattro fattori : l’apertura, la fiducia, la ricchezza d’interazione e la qualità delle esperienze fatte in precedenza. Sperando di sbagliare non osservo questi fattori di successo nel mondo politico-amministrativo della zona per il momento.
C’è veramente qualcosa da fare dalla parte del settore pubblico o si deve semplicemente scotomizzarlo e lasciare i privati cooperare … in pace ?