di: Nicola Bellini
EyesReg, Vol.4, N.4 – Luglio 2014.
Il nuovo ciclo di programmazione comunitaria chiude una lunga fase di elaborazione intellettuale e politica, con la quale si saldano in modo definitivo gli obiettivi di coesione e di competitività (Bellini e Landabaso, 2007). In particolare l’obiettivo dell’innovazione finisce per caratterizzare una parte consistente delle risorse disponibili per le politiche regionali, secondo un criterio ispiratore che è sintetizzato nel principio della smart specialisation (Foray e Goenaga 2013). La novità importante è che esso assume non solo una valenza indicativa, ma vero e proprio valore cogente, poiché alla definizione della strategia è attribuita una condizionalità ex ante, con particolare riferimento all’obiettivo FESR del rafforzamento della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione. A rafforzare questo approccio, la commissione ha messo in campo un complesso sistema di assistenza alle regioni con la costituzione della “piattaforma di Siviglia”, che, localizzata presso l’Institute for Prospective Technological Studies (IPTS: http://s3platform.jrc.ec.europa.eu), costituisce un’esperienza di sostegno al policy learning dei governi regionali senza precedenti.
Le strategie di specializzazione intelligente sono definite come delle “agende di trasformazione economica integrate e place-based“, caratterizzate da cinque elementi fondamentali:
– l’essere focalizzate su alcune priorità,
– l’essere costruite a partire da punti di forza, vantaggi competitivi e potenziali propri della regione di riferimento,
– l’essere riferite ad un concetto ampio di innovazione, che coinvolge il settore privato,
– il favorire il coinvolgimento pieno degli stakeholders,
– il loro essere evidence-based ed il rendere centrali i sistemi di monitoraggio e di valutazione anche e soprattutto come strumento di apprendimento (Foray et al. 2012).
La strategia – dice la Commissione – deve identificare con chiarezza delle priorità di sviluppo: la specificità delle indicazioni dovrebbe permettere di evitare le “strategie fotocopia” e di sviluppare una visione strategica che sia specificata sulle caratteristiche “uniche” della regione, ossia un punto di sintesi politicamente significativo su “dove la regione vorrebbe essere in futuro, quali sono i principali obiettivi da raggiungere e perché essi sono importanti” (Foray et al. 2012, 22).
Il riferimento al termine specializzazione si presta ad equivoci, nutriti talora da un combinato di inerzia semantica, determinismo economicistico e pigrizia intellettuale: si veda, ad esempio, la lettura che viene suggerita delle mappe delle specializzazioni regionali predisposte da Invitalia. L’equivoco sta nell’intendere quel termine come riferito alla specializzazione industriale / settoriale / tecnologica “data”, da rafforzare o comunque da consolidare (scelta politicamente legittima, ma assai discutibile in una fase di transizione strutturale).
In realtà la specializzazione “smart” è un invito a specializzare le politiche ed i loro obiettivi, più che ad ottenere un maggiore livello di specializzazione degli apparati produttivi o a consolidare quello attuale Anzi il risultato di una politica ispirata alla smart specialisation potrebbe (e forse dovrebbe) essere quello di promuovere, attraverso la diversificazione fondata sulle related varieties, una riduzione della specializzazione (cf. Asheim et al. 2001). Così pure si può ben immaginare politiche che si concentrino, ancor prima che sulle capacità tecnologiche, su problemi dei territori (come quelli legati alla dispersione fisica degli insediamenti umani e produttivi, allo smaltimento dei rifiuti, alla rivitalizzazione di produzioni tradizionali o mature etc.) che per la loro significatività permettano di sviluppare veri e propri laboratori avanzati di nuove soluzioni.
Nello sforzo che le Regioni italiane stanno compiendo, con ritardi talora drammatici ma anche con esiti qualitativamente importanti in alcune “regioni leader”, vi è un aspetto che meriterebbe – anche da parte dei programmatori – più attenzione di quanta non vi venga solitamente dedicata. Secondo la Guide to Research and Innovation Strategies for Smart Specialisation, predisposta dalla piattaforma di Siviglia:
“A major novelty of the smart specialisation approach is that a region has to make its strategic decisions taking into account its position relative to other regions of Europe, which implies that the RIS3 approach requires looking beyond the regional administrative boundaries. (…) This type of analysis is important because the concept of smart specialisation warns against ‘blind’ duplication of investments in other European regions. Such blind duplication of efforts could lead to excessive fragmentation, loss of synergy potential, and ultimately could hamper the reach of the critical mass required for success. On the contrary, interregional collaboration should be pursued whenever similarities or complementarities with other regions are detected” (Foray et al. 2012, 23).
Nella proposta dell’Unione europea il coinvolgimento degli stakeholder interni e quindi il sistema delle connessioni interne è necessariamente bilanciato da un’altrettanto rilevante connettività sull’esterno, che costituisce una caratterizzazione costante ed importante di diverse fasi del processo. In altri termini, nell’era dell’innovazione aperta e delle catene globali del valore, il sistema regionale dell’innovazione non può restare “chiuso”. Non è pensabile una politica dell’innovazione efficace senza la capacità del sistema e dei suoi attori di connettere i patrimoni locali di conoscenza con le conoscenze che stanno “altrove”: in altre regioni del Paese o d’Europa o piuttosto del mondo. Il rischio di politiche autoreferenziali è quello dell’irrilevanza, perché la “massa critica” si trova più spesso grazie ad un posizionamento internazionale che non all’interno dei confini regionali.
La strategia stessa dev’essere quindi outward looking, valorizzando i posizionamenti nelle catene globali del valore, le connessioni con fonti esterne di conoscenza e, sul piano delle politiche, le collaborazioni interregionali, fondate su analogie o complementarietà. La stessa specializzazione è “smart” anche in quanto definisce le proprie caratteristiche e le proprie potenzialità in termini di posizionamenti relativi rispetto ad altre regioni d’Europa. Per altro una strategia outward-looking permette di identificare opportunità che possono non derivare dalle masse critiche “attuali”, ma dai patrimoni relazionali, ad esempio da legami privilegiati che qualche attore del territorio può avere con centri di ricerca o imprese all’estero.
L’operazionalizzazione di queste idee è in realtà assai complessa. Lo è innanzi tutto sul piano delle conoscenze necessarie. Si presume, infatti, un’ampia disponibilità, certo molto maggiore di quella attuale, di dati comparati con altre regioni, solo in parte ora supplita dal lavoro compiuto con la piattaforma di Siviglia. Questo permetterebbe più efficaci esercizi di benchmarking e analisi di posizionamento competitivo, finora compiuti occasionalmente e con non poche approssimazioni. Tra l’altro, la rilevanza per le politiche non è immediata: non è detto, ad esempio, che le regioni simili siamo migliori partner per una cooperazione di quanto non siamo regioni diverse, ma complementari.
Inoltre si richiede la conoscenza e la capacità di valutare (e poi mobilitare, ma ancor prima conoscere!) i patrimoni relazionali del territorio e dei suoi attori (istituzioni, imprese, università etc.), che spesso hanno a titolo individuale relazioni che rivestono un interesse collettivo. Su queste dimensioni il ritardo conoscitivo è grande, non solo in Italia.
Sarebbe utile pensare poi ad internazionalizzare i processi di monitoraggio e di valutazione, ad esempio prevedendo il coinvolgimento di esperti provenienti da altri paesi europei. E’ singolare che questo, almeno sinora, sia previsto solo in pochi casi.
La complessità è anche politica. Idealmente, dopo tanti anni, ci si dovrebbe attendere la trasformazione delle tante reti di cooperazione interregionale da occasioni di confronto delle pratiche a luogo di definizione di progetti comuni ed integrati. Il potenziale per ridisegnare la geografia delle politiche regionali c’è tutto (Bellini e Hilpert, 2013). Purtroppo le relazioni inter-regionali si caratterizzano ancora per processi dai contorni incerti, anche sul piano istituzionale, e bisogna riconoscere che oggi non esistono quelle condizioni di affidabilità reciproca e di certezza dei comportamenti che permetterebbero di coordinare la sostanza delle politiche.
E’ per questo motivo che, se da un lato vanno incoraggiate posizioni più lungimiranti degli stessi governi regionali, la responsabilità di trasformare l’ottima intuizione in concreta opzione di policy spetta più che mai all’Unione Europea. Come sottolinea giustamente Morgan (2013) la scelta della smart specialisation pone contemporaneamente una triplice sfida: concettuale, operativa e politica. Ed anche la problematica dell’apertura delle strategie di innovazione, ha alla fine un connotato profondamente politico. In fondo la legittimazione di un moderno regionalismo passa anche dalla capacità di “fare la differenza” nei confronti dei processi di globalizzazione, contribuendo a coglierne tutte le opportunità e non solo subendone passivamente le conseguenze.
Nicola Bellini, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa
Riferimenti bibliografici
Asheim B., Boschma R., Cooke, P. (2011), Constructing Regional Advantage, Regional Studies, 45, 7: 893-904
Bellini N., Hilpert U., ed.s (2013), Europe’s Changing Regional Geography. The Impact of Inter-regional Networks, London: Routledge
Bellini N., Landabaso M. (2007), Learning about innovation in Europe’s regional policy, in Rutten R., Boekema F. (ed.s), The learning region: Foundations, state-of-the-art, future, Cheltenham: Edward Elgar
Foray D. and Goenega X. (2013), The goals of smart specialization, S3 Policy Brief Series n° 01/2013. Seville: S3 Platform, JRC-IPTS
Foray D. et al. (2012), Guide to Research and Innovation Strategies for Smart Specialisations (RIS 3), Luxembourg: Publications Office of the European Union
Morgan K. (2013), The regional state in the era of Smart Specialisation, Ekonomiaz, 83, 2: 102-125