di: Stefano Di Vita
EyesReg, Vol.5, N.2 – Marzo 2015.
La crisi economico-finanziaria e lo sviluppo tecnologico sembrano alimentare una metamorfosi dell’economia e della società dei paesi a capitalismo maturo verso nuove forme di organizzazione del sistema produttivo e sociale, caratterizzate da una crescente diffusione di servizi e manifatture digitali (Berta 2014; Compagnoli 2014; Compagnucci 2013; Menghini 2013; Micelli 2014). Alcuni segnali di questo cambiamento possono essere riconosciuti nelle attuali politiche urbane di molte città europee che, ai grandi progetti di trasformazione della precedente fase di de-industrializzazione (spesso caratterizzati da un approccio puramente mediatico e mercantilistico alla produzione di spazio urbano), stanno affiancando l’incentivazione di iniziative di rigenerazione spaziale, economica e sociale.
A partire dagli anni Novanta, i processi di terziarizzazione della società e di mondializzazione dell’economia e della cultura hanno condizionato lo sviluppo urbano. La promozione dell’immagine delle città è diventata una priorità, giustificando la proliferazione di grandi eventi e il loro cambiamento di significato rispetto al passato (Di Vita 2014b): da occasioni eccezionali di trasformazione degli assetti spaziali e socio-economici locali, a opportunità straordinarie di marketing territoriale, prevalentemente finalizzato al riposizionamento delle città ospiti nella rete urbana globale (Muñoz 2011). La grande contrazione del 2008 sembra aver tuttavia contribuito a stimolare l’affermazione di una nuova tendenza: un’evoluzione dei processi di disneyficazione (Bryman 2004) e di urbanalizzazione (Muñoz 2008) delle città degli scorsi decenni verso nuovi obiettivi di sviluppo e modalità di intervento, spesso integrati nella retorica delle smart city. Nell’attuale congiuntura, molte sono le città europee che, dopo aver recentemente ospitato grandi eventi, stanno sviluppando progetti di smartness urbana sia come iniziative da affiancare ai consueti interventi di valorizzazione immobiliare, sia come strategie alternative all’organizzazione di manifestazioni straordinarie, spesso riconosciute come insostenibili (Furrer 2002; Di Vita 2010). Una caratteristica comune a questi nuovi progetti è quella di assumere la contrazione delle risorse e la disponibilità di tecnologia come condizioni operative e la necessità di innovazione (spaziale e digitale, economica e sociale) come sfida. In molti casi, però, le iniziative finora promosse rischiano di rappresentare esclusivamente una nuova frontiera del marketing territoriale, prevalentemente fondata sull’offerta delle grandi imprese del settore delle ICT anziché sulle reali esigenze ambientali e sociali; ovvero, su una riduzione della complessità dello spazio urbano e della ricchezza del dibattito politico frequentemente determinata dall’impiego acritico dei nuovi dispositivi tecnologici (Di Vita 2014b; Fernàndez 2014).
Un esempio di questa evoluzione è offerto dall’esperienza di Barcellona, che rappresenta uno dei casi di maggiore successo delle trasformazioni delle città legate ai grandi eventi. Dopo le storiche Expo 1888 e 1929, che hanno rispettivamente portato alla realizzazione del Parc de la Ciutadela e all’urbanizzazione del Montjuic, sono le Olimpiadi 1992 che hanno offerto l’occasione più importante: l’attivazione di un sistema di interventi di riqualificazione diffusi nel tessuto urbano, che ha accelerato la transizione terziaria di una città a economia tradizionalmente portuale e manifatturiera. Inserite in un’ampia strategia di sviluppo urbano, le Olimpiadi hanno determinato una significativa riorganizzazione della città: se nel breve periodo l’esito dell’operazione è stato positivo, nel medio-lungo periodo sono però emerse le difficoltà di mantenimento di un modello di sviluppo prevalentemente orientato all’espansione del settore turistico e immobiliare. I risultati negativi del Forum delle Culture2004 (appositamente ideato per estendere i benefici delle Olimpiadi nel tempo e nello spazio) e la successiva crisi economico-finanziaria che ha investito la città hanno messo in luce le debolezze di una preponderante concentrazione delle politiche locali su progetti di spettacolarizzazione dell’urbano (Battisti et al. 2011; Bertelli 2009; Collarini 1998; Pizza 2007). È in questo contesto che, negli ultimi anni, l’Amministrazione Comunale sta promovendo una strategia differente con l’obiettivo di trasformare Barcellona in una delle principali smart city del mondo: una strategia di cui fanno parte l’organizzazione annuale dello Smart City Expo World Congress e la partecipazione a molte iniziative internazionali (European Parliament, DG for Internal Policies 2014).
Nell’ambito di questo ambizioso programma, coordinato dall’Institut Municipal d’Informàtica Hàbitat Urbà, il completamento della trasformazione del waterfront viene proseguito non più attraverso la straordinarietà di grandi eventi, ma tramite il progetto 22@Barcelona Innovation District promosso dal Departament de Urbanismo del Comune e dalla società pubblica a gestione privata BarcelonActiva. Il progetto mira al completamento della riconversione del distretto orientale della città (avviata nel 1998), caratterizzato da diffuse dismissioni industriali: su un’area di circa 200 ha, destinata all’insediamento di un articolato mix di funzioni, è stato effettuato un investimento pubblico di infrastrutturazione di 180 milioni di euro ed è in corso la realizzazione di interventi destinati al potenziamento delle aree verdi e delle attrezzature collettive, al riutilizzo del patrimonio edilizio storico, nonché all’insediamento di residenza sociale e di nuove attività economiche. Nonostante il progetto venga frequentemente criticato come intervento di sviluppo immobiliare camuffato dallo slogan della smart city, si stanno configurando differenti cluster tematici a elevato contenuto tecnologico (Media, ICT, Medical Technology, Design e Energy) coinvolgendo enti pubblici, università, imprese e associazioni (locali e internazionali). Perseguendo molteplici finalità (incrementare la capacità di attrazione della città; migliorarne la qualità della vita; offrire alle aziende la possibilità di sperimentare le loro innovazioni tecnologiche attraverso progetti pilota), l’area oggi ospita incubatori di imprese, centri di ricerca ed enti operativi nel campo delle ICT e dei media, nonché il Fab-Lab Barcelona, ed è dotata di un sistema di piattaforme digitali (pubblico-private) per la condivisione di dati archiviati da diversi sistemi di sensori che consentono di fornire informazioni e accedere a servizi, tra cui il noleggio di veicoli (Ayuntament de Barcelona 2012a, 2012b; Ayuntament de Barcelona 2013).
Contrariamente al caso di Barcellona, Milano sta invece sperimentando un’inedita integrazione tra il grande evento dell’Expo 2015 e la dimensione della smart city. Un’opportunità per una città chiamata a organizzare una grande manifestazione in una fase di contrazione delle risorse, che richiede approcci e soluzioni differenti rispetto al passato, adeguati al repentino cambiamento del contesto politico, economico, sociale e ambientale determinato dalla crisi (Bolocan et al. 2014). Una sfida che potrebbe essere agevolata proprio dalla diffusione delle ICT, contribuendo alla mitigazione delle numerose criticità finora riscontrate: dall’accentuata conflittualità politica nella definizione della governance dell’evento e nell’acquisizione delle aree destinate alla realizzazione del sito espositivo, alla riduzione dei finanziamenti attesi; dai ritardi nella costruzione delle opere infrastrutturali previste (in parte cancellate), agli scandali per corruzione; dall’assenza di una visione territoriale di riferimento, alle incertezze sul riutilizzo del sito nella fase post-evento (Gallione 2012; De Magistris et al. 2014). Con un lieve ritardo rispetto ad altre città italiane ed europee, Milano sta attualmente investendo molte energie e indirizzando significative risorse nello sviluppo della smartness urbana, recuperando rapidamente il distacco e assumendo in poco tempo una posizione di avanguardia nelle classifiche nazionali e internazionali: da un lato, dall’inizio del 2013, il Settore Innovazione e Smart City del Comune ha attivato, insieme alla Camera di Commercio, il programma Milano Smart City; dall’altro lato, già a partire dal 2012, l’Expo 2015 ha assunto un profilo digitale attraverso lo sviluppo di un articolato sistema di servizi per l’evento offerti tramite l’ausilio delle ICT (Di Vita 2014a).
La città scontava una significativa arretratezza nella disponibilità di servizi tecnologici rispetto alle realtà urbane con cui abitualmente tende a confrontarsi, a svantaggio delle attività delle imprese e della qualità della vita dei cittadini (Bassetti 2012). Per questo motivo, l’attuale Amministrazione Comunale ha iniziato a svolgere un ruolo maggiormente operativo, sia nella promozione di progetti di innovazione supportati da fondi pubblici (investimenti locali e finanziamenti regionali, nazionali e comunitari) e privati (partner), per un ammontare complessivo di circa 113 milioni di euro; sia nell’adesione a reti nazionali e internazionali di città orientate alla sperimentazione nel campo delle ICT . Un’attenzione particolare è stata altresì dedicata a incubatori, co-working e fab-lab, che rappresentano un sistema di avanguardie legate all’espansione dei settori delle attività creative e delle manifatture additive (o digitali), rispetto a cui Milano potrebbe rinnovare e consolidare il suo ruolo di polo urbano precursore e propulsore di innovazione. In questo contesto, il programma Milano Smart City mira a coordinare tutte le esperienze in atto nel territorio comunale che mostrano affinità con i temi della smartness urbana insieme ad alcune iniziative appositamente concepite. Una prima ricognizione interna all’Amministrazione ha consentito di rilevare i progetti e i piani già attivati dai diversi settori del Comune, articolandoli rispetto a temi diversi (città digitale; mobilità; ambiente; inclusione e coesione; servizi al cittadino; cultura e attrattività). Attraverso una successiva iniziativa di public hearing è stato invece promosso un percorso partecipativo di definizione del programma di sviluppo della smart city (con la collaborazione di aziende, università, cittadini e terzo settore): un processo organizzato in sette tavoli tematici riconducibili alle sei categorie di smartness delineate nel Modello di Vienna (smart economy, environment, governance, living, mobility e people) e a una linea di azione specificamente dedicata a Expo (Galliano 2014; Milano Smart City 2014).
Come anticipato, alcuni progetti di innovazione digitale legati all’imminente Esposizione Universale sono stati avviati direttamente anche dalla società di gestione Expo 2015 Spa lavorando su differenti scale territoriali: il progetto Smart City Expo, che comprende servizi digitali per la gestione del quartiere espositivo e l’accoglienza dei visitatori al suo interno; il progetto E015 Digital Ecosystem, che comprende servizi digitali per l’accoglienza dei visitatori nel territorio metropolitano; il progetto Cyber Expo, che comprende servizi digitali per la promozione dell’evento e la diffusione dei suoi contenuti a livello mondiale. Di particolare interesse, il progetto E015 Digital Ecosystem, che si configura come una comunità di fornitori di servizi (a cui hanno già aderito più di 230 operatori pubblici e privati), si basa sul riferimento a regole di collaborazione e standard tecnologici comuni che consentono la condivisione di dati e il conseguente sviluppo di un sistema di servizi digitali interoperabili (Di Vita 2014a). In vista di Expo 2015, sono stati però autonomamente attivati anche altri servizi digitali destinati al miglioramento dell’accoglienza del territorio locale: dalle piattaforme Explora ed Expo in Città (per la promozione, rispettivamente, dell’offerta turistica e ricettiva del territorio regionale e degli eventi collaterali del territorio metropolitano) , ai progetti di Fondazione Triulza e Sharexpo (per la promozione, rispettivamente, delle attività del terzo settore e della sharing economy, rispetto a cui Milano mantiene e sviluppa una posizione di rilievo nel panorama nazionale e internazionale) .
Nella loro recente evoluzione, i grandi eventi sembrano quindi confermarsi come campi di sperimentazione di nuovi modelli organizzativi e tecnologici, oltreché come opportunità di espansione economica da parte di grandi multinazionali. La sfida digitale, intrapresa da Milano per l’Expo 2015 (in partnership con Cisco), si sta infatti replicando anche a Rio de Janeiro in vista delle Olimpiadi 2016 (in partnership con IBM) e l’uso delle ICT è stato annunciato anche in relazione ad altre manifestazioni mondiali programmate per i prossimi anni: dalle Olimpiadi di Tokyo all’Expo di Dubai, entrambe nel 2020. Senza eccessive aspettative né pregiudizi rispetto alla diffusione della tecnologia nello spazio urbano, che dovrebbe essere osservata da un punto di vista qualitativo e non meramente quantitativo, la sperimentazione nel campo delle ICT e l’implementazione di servizi digitali potrebbero contribuire al consolidamento della legacy materiale e immateriale dell’evento milanese al di là del sito espositivo e dei confini del territorio comunale:
- coinvolgendo nella manifestazione luoghi esterni al sito Expo e spesso marginali, ma rilevanti rispetto al tema dell’evento, incentivando opportunità di riequilibrio territoriale alla scala vasta (Rolando 2011; Rolando 2014);
- promovendo un riutilizzo del sito Expo che sappia valorizzare il sistema delle infrastrutture tecnologiche realizzate per la manifestazione (senza scadere nelle facili retoriche di alcune recenti proposte calate dall’alto di realizzazione di un polo tecnologico, nonostante il recente fallimento di iniziative analoghe e la spontanea diffusione di esperienze di reale innovazione);
- assumendo gli standard tecnologici e i servizi digitali promossi con riferimento ad un contesto territoriale che oltrepassa i confini comunali della città centrale (previa verifica della loro effettiva efficacia durante lo svolgimento dell’evento) come utile supporto alla necessaria evoluzione della smartness dalla scala urbana alla scala vasta nella prospettiva della nuova Città Metropolitana (Di Vita 2014a, 2014b).
Con tale proiezione, queste opportunità, che potrebbero favorire una maggiore integrazione tra evento e territorio e lo sviluppo di una expertise esportabile in altre città (che si stanno attivando o candidando per la realizzazione di analoghe manifestazioni), dovrebbero però inserirsi in una nuova agenda urbana: una visione di lungo periodo, orientata a valorizzare le risorse territoriali materiali (come le infrastrutture e i luoghi fisici) e immateriali (come le ICT) sulla base di una maggiore conoscenza e consapevolezza delle locali specificità, relazioni, esigenze e potenzialità di innovazione spaziale e digitale, economica e sociale. Un’agenda di cui, al momento, la città di Milano e la sua regione metropolitana continuano però a essere carenti e rispetto alla quale emerge la necessità di attività di ricerca approfondite e multidisciplinari.
Stefano Di Vita, DAStU – Politecnico di Milano
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