Questo contributo è parte di un numero speciale di EyesReg dedicato al tema dell’agricoltura urbana, curato da Corinna Morandi.
di: Martin Broz
EyesReg, Vol.6, N.5, Settembre 2016
‘Parco Sud’ è un’etichetta che da più di quarant’anni designa il vasto e composito milieu agricolo che abbraccia a meridione il capoluogo lombardo. Scopo di questa nota è tracciare alcune possibili riflessioni a proposito del recente processo di empowerment di una parte (minoritaria, ma determinante) degli agricoltori milanesi come attori di una governance del paesaggio periurbano, e a partire dall’innegabile interesse di un’esperienza del tutto immersa in una dimensione urbana e metropolitana. Anche per questo, essa può infatti aiutare a meglio comprendere le dinamiche in atto in altri territori e ‘parchi agricoli’, più o meno simili.
Tale vicenda può essere letta da due punti di osservazione. Il primo è quello del Parco Agricolo Sud Milano (PASM) in quanto tale, come grande area protetta e ‘politica madre’ ereditata a partire dalle prime elaborazioni del Piano Intercomunale Milanese del 1974. Il Parco sarà poi istituito nel 1990, secondo logiche di piano classiche e un’impostazione decisamente burocratica e top-down.
Il secondo, che ci porta al presente, ci è dato dall’ultima delle varie ‘gemmazioni’ indirette del Parco (ovvero non promosse dalla sua amministrazione), nella fattispecie un ‘Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale’ siglato lo scorso anno tra i principali enti territoriali e i consorzi dei quattro Distretti Agricoli (Dlgs 228/2001) sorti intorno a Milano dal 2010 in poi. Con questo accordo, il soggetto agricolo distrettuale mira ad affermarsi quale mandatario di punta della gestione e programmazione di servizi pubblici ed ecosistemici: dalle acque al paesaggio, dal miglioramento fondiario al ridisegno delle filiere agroalimentari, sino alla food policy.
Il principale punto che vorrei sottolineare è il ruolo-chiave esercitato dall’elemento conflittuale nel favorire questo processo di emancipazione e ridefinizione identitaria dei contadini della frangia, da ‘vittime del moderno’ ad attori di politica territoriale, capaci di scambiare risorse (anche simboliche) con la collettività. Soprattutto il difficile rapporto del parco e del suo tessuto rurale con le pressioni urbanizzative è stato, ritengo, decisivo, essendosi in tale perenne tensione tenuto in vita un movimento controculturale ampio, che ha fatto da terreno fertile per la costituzione di questa nuova figura sociale (1).
Questa lettura in positivo non alleggerisce, ovviamente, il ruolo nefasto della stessa conflittualità, che ha anzitutto compromesso la sedimentazione di un progetto paesaggistico ampio, riproducendo quell’ambiguità formale delle frange di cui gli interessi immobiliari si sono sempre avvantaggiati.
Parimenti, l’apparente protagonismo del nostro ‘nuovo contadino’ milanese è sì un fatto incoraggiante, ma non si dovrebbe cadere in rappresentazioni idilliache. Frutto della lotta, tale fenomeno rimane infatti del tutto immerso in un quadro di contrapposizioni dialettiche, latenti o manifeste.
Anche per questo esso pone delle importanti sfide ad una ideale agenda per il paesaggio periurbano milanese.
Anzitutto una sfida al PASM, poiché, nel rivendicare una leadership, i suoi agricoltori si contrappongono ad uno schema che li aveva sempre voluti obbedienti osservatori di regole e vincoli predefiniti.
Una sfida, quindi, alla nozione di ‘paesaggio rurale’, rimanendo la vecchia agenda PASM ancorata all’idea di un paesaggio tradizionale come elemento di tipicità, mentre i nuovi accordi paiono aprire alla possibilità di un tradeoff tra valori estetici e funzionali. In particolare, non è scontato il consenso dei vari attori circa le forme di integrazione fra una razionalità economico-imprenditoriale dell’agricoltura e una sua funzione pubblicamente e ‘paesaggisticamente’ rilevante.
Queste osservazioni si ricollegano, ad esempio, ad alcuni segnali già percepibili di tensioni competitive fra l’attore agricolo-distrettuale e organizzazioni ambientaliste, già da decenni concessionarie della gestione di alcuni brani del parco.
Al difuori della realtà dei Distretti, inoltre, gli incentivi nazionali alla produzione di biogas hanno rappresentato, negli anni passati, un serio problema per il Parco Sud, accelerando ad esempio i fenomeni di banalizzazione del paesaggio e di espulsione di PMI agricole virtuose su un piano di sostenibilità agroalimentare.
In conclusione, possiamo azzardarci a fornire (in base a quanto accennato) un paio di possibili orientamenti alle future politiche.
Primo: se i contesti della prossimità fra città e rimanenze agricole sono ancora luoghi minacciati, è pur vero che soprattutto qui si è formato il nuovo agente contadino, come entità non più esterna, ma oggi del tutto coinvolta in una ‘questione urbana’ contemporanea. Le implicazioni sono tante: si pensi, per dirne una, a scenari di reale inclusione dei soggetti dell’agricoltura professionale anche nelle agende di rigenerazione urbana, come nel caso delle periferie e dei grandi quartieri di edilizia pubblica.
Secondo: l’affermazione di schemi di natura pattizia e orizzontale, accanto ai classici strumenti e meccanismi di piano, è un passaggio irrinunciabile ma anche impegnativo, soprattutto in un contesto dinamico come quello milanese-padano, ove ad essere trainante non è solo la città ma anche il settore agricolo (spesso lontano dagli ideali dei movimenti verdi). Questo passaggio impone un necessario sforzo di mediazione degli interessi presenti in un panorama attoriale sempre più articolato.
In ultimo, non va dimenticato come politiche in vario modo rivolte al settore primario producano esiti paesaggistici molto diversi, dietro i quali si nascondono dei rapporti di forza meno che mai stabili e sereni. Si pone dunque un problema di coerenza, nei confronti del quale anche l’impostazione, a livello locale, di politiche di più marcato carattere distributivo sembra proporsi come una valida soluzione.
Martin Broz, Università IUAV di Venezia
Riferimenti bibliografici
Paolillo P. L. (a cura di) (1974), Qualche storia di verde agricolo, Arti Grafiche Fiorin, Milano.
Albisinni F. (2010), “Distretti e sviluppo rurale: elementi per una lettura delle regole di diritto”, in Agriregionieuropa, n. 20.
Balducci A., Piazza M. (1981), Dal parco sud al cemento armato. Politica urbanistica e strategie immobiliari nell’area milanese, Saggi, Milano.
Beltrame G. (2000), Il Parco Agricolo Sud Milano, Arienti&Maccarini, Montacuto.
Beria D’Argentine C. (2014), “L’agricoltore per missione di Cascina Campazzo”, La Stampa, 14 settembre.
Calori A., Magarini A. (a cura di, 2015), Food and the cities. Politiche del cibo per città sostenibili, Edizioni Ambiente, Milano.
Corrado A. (2013), “I produttori critici del Distretto di economia solidale rurale parco agricolo sud Milano”, in Agriregionieuropa, n. 32, p. 3.
Ploeg J. D. van der (2009), I nuovi contadini. Le campagne e le risposte alla globalizzazione, Donzelli, Roma.
Toeschi L. (2014), “Una vera avventura nella tradizione milanese. Impegno civico e volontariato per un nuovo tipo di verde urbano”, in Sentieri in città, n. 24, p. 3.
Vescovi F. (2012), Proposte per il Parco Agricolo Sud Milano. Criticità e risorse dell’agricoltura periurbana, Ronca Ed., Cremona.
Siti internet
Presentazione ufficiale dell’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale “Milano Metropoli Rurale”:
http://www.lombardia.rurbance.eu/
Pagina dell’Associazione per il Parco Sud Milano: http://www.assparcosud.org/
Sito ufficiale del Parco Agricolo Sud Milano: http://www.parcoagricolosudmilano.it/
Note
(1) Ho trattato questo ed altri argomenti nella mia tesi di dottorato, “Spazio reale e luoghi della mente. Milano nei tempi, nelle forme e negli attori del Parco Agricolo Sud” (IUAV, 2016).