Giornale on-line dell'AISRe (Associazione Italiana Scienze Regionali) - ISSN:2239-3110
 

L’impatto delle politiche di coesione in Puglia: una lettura macro-economica

Print Friendly, PDF & Email

di: Nunzio Mastrorocco, Elisa Calò

EyesReg, Vol.6, N.6, Novembre 2016

 

La Politica di coesione, operante attraverso i fondi a finalità strutturale è funzionale alla riduzione del divario tra i livelli di sviluppo dei territori europei e al recupero del ritardo delle regioni meno favorite, con un’attenzione particolare alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, come quelle più settentrionali con bassissima densità demografica o le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.

L’analisi delle dinamiche che hanno interessato le regioni europee nel passaggio tra il ciclo di programmazione 2007-2013 e il 2014-2020, evidenzia come 53 (19,41%) delle 273 regioni UE abbiano cambiato la propria categoria di appartenenza; di contro, 136 (49,82%) sono rimaste nel gruppo delle più sviluppate (MD), 14 (5,13%) sono rimaste in transizione (TR) e 70 (25,64%) hanno mantenuto la status di meno sviluppate (LD).

La Puglia non ha cambiato la propria condizione, rimanendo tra le Regioni Meno Sviluppate (ex Convergenza) per il periodo 2014-2020, al contrario di quanto accaduto in 16 regioni europee, che sono riuscite a superare la soglia del 75% del PIL medio dell’UE 27.

In tale contesto, il presente lavoro intende contribuire al dibattito sul tema dell’efficacia degli interventi finanziati dalla Politica di coesione, analizzando il caso della regione Puglia, per la quale, dopo una breve disamina dei principali studi disponibili in letteratura in merito all’impatto delle politiche di coesione sul PIL, si descrivono i risultati dell’applicazione del modello macroeconomico REMI, quale strumento di stima dell’impatto generato dagli investimenti cofinanziati dal Programma Operativo Regionale FESR 2007-2013 nel periodo 2009-2014.

 

Impatto regionale delle politiche di coesione

La revisione degli studi econometrici disponibili in letteratura su questo argomento, nonché dei rapporti sulla coesione economica, sociale e territoriale elaborati annualmente dalla Commissione Europea per valutare l’efficacia dei fondi strutturali, conducono a conclusioni contrastanti, evidenziando la necessità di ulteriori approfondimenti metodologici e di contenuto, soprattutto a livello regionale, sia in merito alla misurazione dell’effettivo contributo che tali fondi determinano in termini di PIL e di occupazione nei diversi settori d’intervento, sia riguardo ad un’analisi dei fattori che sono in grado di massimizzarne l’impatto.

La maggior parte dei modelli econometrici disponibili evidenzia un impatto positivo, sebbene in alcuni casi molto modesto e differenziato territorialmente, dei fondi strutturali sulla crescita economica delle regioni, in particolare di quelle meno sviluppate. Al contrario, un numero limitato di studi sostengono l’assenza di un impatto significativo o addirittura la presenza di un impatto negativo sulla crescita economica delle regioni. Tali differenze possono essere spiegate dalla diversità di metodologie, variabili esplicative, database e periodi di tempo utilizzati nelle analisi.

La 6a Relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale della CE del luglio 2014 ha evidenziato, inoltre, un trend verso la convergenza fino al 2008, anno di avvio della crisi economica, a seguito della quale le disparità tra le regioni hanno ripreso a crescere.

Con riferimento ai modelli econometrici di analisi, la Commissione Europea ha rilevato come, nonostante la complessità analitica con cui sono formulati, tali modelli mostrano una scarsa utilità ai fini della politica economica. A tal fine, lo strumento più idoneo a valutare l’impatto dei fondi strutturali sulla crescita economica, in particolare a livello regionale, sembra essere quello dei modelli macroeconomici, che prendono in considerazione un numero elevato di interazioni tra le variabili macroeconomiche e ne descrivono gli impatti settoriali.

Nel 2013 la CE ha cominciato ad utilizzare Rhomolo, un nuovo modello macroeconomico, utile a colmare la lacuna conoscitiva esistente in merito all’impatto della politica di coesione a livello regionale. Rhomolo si inserisce nel filone dei modelli input-output multiregionali e multisettoriali dinamici, tra i quali il più adeguato ai fini della valutazione dei fondi strutturali è costituito dal REMI, un modello che integra la disaggregazione settoriale dei modelli input-output, l’approccio dei modelli di equilibrio economico generale con riferimento a prezzi al consumo, salari e funzione di produzione, le tecniche econometriche di analisi delle serie storiche e le teorie della Nuova Geografia Economica per considerare i legami e gli spillover tra le regioni.

Il modello REMI consente di valutare come e quanto l’investimento in politiche pubbliche riesca a influire sul trend di sviluppo economico di un determinato territorio. REMI si compone di 5 moduli che, interagendo tra loro, simulano rispettivamente le dinamiche relative alla domanda di beni e servizi (output); al livello dell’occupazione (mercato del lavoro); alla crescita della popolazione e della forza lavoro; a salari, prezzi e costi di produzione; all’import ed export (quote di mercato).

Di concerto con l’IRPET, si è, quindi, svolto un esercizio di valutazione degli effetti indotti dagli investimenti finanziati dal FESR 2007-2013 sull’economia regionale pugliese, prendendo in considerazione il totale delle risorse disponibili, come risultanti dalla somma del contributo dell’Unione Europea e del cofinanziamento nazionale.

Come riportato nel Rapporto Annuale di Esecuzione 2014 della Regione Puglia, a fronte di un investimento complessivo del FESR nel periodo 2009‐2014 pari a 2,691 miliardi di euro, l’importo per l’annualità 2014 ammonta a 613,3 milioni di euro, pari allo 0,9% del PIL regionale e con una crescita del 9% rispetto al 2013; nel 2010 la spesa era di 100 milioni di euro (appena lo 0,1% del PIL). L’ammontare annuale della spesa certificata è stato opportunamente riclassificato distinguendo tra investimenti infrastrutturali nei principali servizi pubblici locali, settoriali, immateriali e nel settore manifatturiero (1) (Tabella 1).

 

Tabella 1 – Riclassificazione della spesa FESR 2009-2014 (milioni di euro)

fig-1Fonte: spesa FESR (RAE, Regione Puglia), PIL (Istat, Svimez). Elaborazioni IPRES-IRPET mediante modello I-O uniregionale Puglia, REMI-IRPET.

 

Il PIL attivato nel 2014 è pari a 379,5 milioni (Tabella 2); dal 2009 al 2014 il PIL cumulato attivato è pari ad oltre 1,6 miliardi di euro, con un andamento annuale che si quintuplica tra il 2010 (67,8 milioni) ed il 2012 (360,3 milioni), flette lievemente nel 2013 e nel 2014 fa registrare il massimo del periodo. Più esplicativo è il dato relativo all’impatto sul PIL regionale complessivo generato dalla spesa FESR; l’incidenza percentuale, infatti, risulta crescente, passando dallo 0,1% del 2010 allo 0,6% del 2014.

 

Tabella 2 – Impatti annuali generati dal FESR nel periodo 2009-2014: PIL, valore aggiunto e output espressi a prezzi correnti

fig-2 Fonte: spesa FESR (RAE, Regione Puglia), PIL (Istat, Svimez). Elaborazioni IPRES-IRPET mediante modello I-O uniregionale Puglia, REMI-IRPET. *Elaborazioni IPRES su previsioni Svimez.

 

Ancora dal RAE 2014 della Regione Puglia, con riferimento alle unità lavorative, nel triennio 2011-2013, si evince che gli investimenti hanno supportato annualmente la domanda di circa 7 mila unità; nel 2009 erano state 2.700 le unità lavorative supportate, che flettono a 1.400 nell’anno successivo. Il dato del 2014 evidenzia il massimo del periodo: 8.500 ULA, con un incremento, rispetto all’anno precedente di 1.000 ULA. In termini relativi l’impatto delle ULA attivate nel 2011, nel 2012 e nel 2013 è stato annualmente pari a 0,6 punti percentuali delle unità di lavoro totali regionali.

Con riferimento al valore aggiunto settoriale, il comparto delle “costruzioni”, tra il 2012 ed il 2013, registra una crescita di oltre 13 milioni di euro (+8,5%), ed un mantenimento sui medesimi livelli (171 milioni) nel 2014. In generale, per i quattro macro-settori osservati (agricoltura, industria in senso stretto, costruzioni, servizi) il trend specifico del valore aggiunto risulta crescente nell’intero periodo considerato (2009‐2014).

In funzione della struttura della spesa in investimenti, sono le costruzioni – sia in termini di output che di valore aggiunto – ad aver maggiormente beneficiato delle risorse FESR. Per altro verso, in merito al peso incidentale della spesa FESR, l’impatto cumulato sul comparto dell’industria in senso stretto è minore rispetto a quello dei servizi. Questo si spiegherebbe alla luce di tre fattori: la quota di valore aggiunto per unità di output dei servizi è più elevata rispetto a quella rinveniente dai  settori industriali; il peso delle importazioni per una unità di domanda rivolta ai settori manifatturieri è maggiore rispetto a quello di pertinenza dei servizi; la maggiore incidenza di imposte indirette nette e margini commerciali e di trasporto incidenti sui settori manifatturieri (passaggio da prezzi di acquisto a prezzi base) influenzano tale differenziale.

Cosicché, nel periodo 2009-2014, con riferimento al valore della produzione si osserva un valore cumulato complessivo pari a 3,7 miliardi di euro. Nello specifico, in termini relativi l’agricoltura ha inciso con 3,7 milioni di euro, l’industria in senso stretto con circa 633 milioni di euro, le costruzioni con 1,8 miliardi di euro ed i servizi con 1,1 miliardi di euro.

Per quanto attiene l’andamento degli impatti sul valore aggiunto per macro settore si registra la crescita relativa dell’industria in senso stretto, da 13,4 a 47,2 milioni di euro. E’ interessante constatare che, sebbene in termini relativi l’incidenza annuale del comparto dei servizi rimanga pressoché costante nell’arco di tempo osservato, in termini assoluti si rileva una variazione positiva più che tripla, passando da 49,3 a 152,8 milioni di euro nell’ultimo anno rilevato.

 

Conclusioni e spunti per futuri approfondimenti

L’impatto generato sul PIL pugliese dal FESR nel corso del ciclo di programmazione 2007-2013 è crescente (0,6% nel 2014). Tale valore è coerente con quanto stimato da alcuni studi econometrici (Pellegrini et al. (2013)) e con le stime della CE descritte nella Sesta Relazione sulla Coesione.

Data la complessità degli argomenti trattati, il presente contributo non ha velleità di esaustività; tuttavia esso intende rappresentare un primo esercizio di valutazione all’interno della regione Puglia, funzionale sia a stimolare il dibattito su tali questioni, sia a  migliorare la conoscenza delle determinanti del successo delle politiche di coesione, con precipui obiettivi di utilità ai fini della politica economica regionale.

In Puglia, infatti, come nel resto del Mezzogiorno, le risorse della politica di coesione costituiscono una delle principali fonti di finanziamento a disposizione delle istituzioni, in considerazione della stretta imposta ai trasferimenti nazionali per lo sviluppo delle aree del Sud e di una sempre più risicata disponibilità di risorse proprie, all’interno dei bilanci autonomi. Risulta, quindi, prioritario individuare le leve che consentano di massimizzarne l’efficacia.

Su quest’ultimo fronte, in particolare, rimangono aperte numerose opportunità di approfondimento, soprattutto con riferimento a:

  • impatto delle risorse UE complessive (Programmi operativi regionali e Programmai operativi nazionali);
  • impatto delle politiche di coesione nelle altre regioni europee: al riguardo la diffusione del modello Rhomolo può costituire l’occasione per un confronto interregionale;
  • individuazione delle determinanti del successo della politica di coesione, e in particolare, valutazione dei concetti di addizionalità, tipologia di investimenti, sviluppo delle infrastrutture, qualità delle istituzioni e capacità di governance, ruolo dei vincoli di bilancio;
  • adeguatezza degli indicatori attualmente disponibili nel rappresentare il livello di sviluppo delle regioni: si pensi, ad esempio, a diverse sperimentazioni in corso (BES, OECD Regional well-being, Global Emotion Report).

Nunzio Mastrorocco, Elisa Calò, IPRES

 

Riferimenti bibliografici

Berkowitz P., Pieńkowski J., 2015, Econometric assessments of Cohesion Policy growth effects: how to make them more relevant for policy makers?, in European Commission Working Papers 02/2015, Bruxelles.

Brandsma A. at al., 2013, RHOMOLO: A Dynamic Spatial General Equilibrium Model for Assessing the Impact of Cohesion Policy, in European Commission Working Papers 01/2013, Bruxelles.

Cappellin R., 2010, Reti di conoscenza e innovazione e il knowledge management territoriale, in Sviluppo, innovazione e conoscenza. Strumenti per un’economia mediterranea, pag. 206, FrancoAngeli.

Ciffolilli A. et al., 2014, Expert evaluation network on the performance of Cohesion policy 2007-2013 Synthesis of National Reports 2013, January 2014, Bruxelles.

Ciffolilli A., Gaglio I., 2013, Expert evaluation network delivering policy analysis on the performance of Cohesion policy 2007-2013, Task 1: Job creation as an indicator of outcomes in ERDF programmes, Italy, Bruxelles.

Commissione Europea, 2014, Investimenti per l’occupazione e la crescita, Promuovere lo sviluppo e la buona governance nelle città e regioni dell’UE, Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e  territoriale, Bruxelles.

DG Regio, 2009, The Potential for regional Policy Instruments, 2007-2013, to contribute to the Lisbon and Göteborg objectives for growth, jobs and sustainable development, Final Report to the European Commission, No 2007.CE.16.0.AT.041, Stockholm.

Fratesi U., Perucca G., 2014, Territorial capital and the Effectiveness of Cohesion Policy: an Assessment for CEE Regions, Investigaciones Regionales, 29.

European Policies Research Centre, 2013, Evaluation of the mail achievements of cohesion policy programmes and projects over the longer term in 15 selected regions (from 1989-1993 programme period to the present), Final report to the European Commission (2011.CE.16.B.AT.015), Glasgow.

Mastrorocco N, Calo’ E., 2015, Sulle politiche di coesione: “passaggi di status regionale” nei cicli di programmazione 2007-2013 e 2014-2020, nota tecnica IPRES, Bari, settembre 2015.

Pellegrini G. et al., 2013, Measuring the Impact of the European Regional Policy on Economic Growth: a Regression Discontinuity Approach, Papers in Regional Science, Vol. 92, No 1.

Regione Puglia, Programma Operativo FESR Puglia 2007-2013, Ultima Decisione di approvazione del PO C(2014)9373 del 4 dicembre 2014, Rapporto Annuale di esecuzione 2014, Art. 67 del Reg. (CE) n.1083/2006, Giugno 2015.

Using the REMI Policy Insight Model, Paper presented at the Fifth European Conference on Evaluation of the Structural Funds, Challenges for evaluation in an Enlarged Europe, Budapest.

 

Sitografia

http://fesr.regione.puglia.it/

http://www.grossnationalhappiness.com/

http://www.misuredelbenessere.it/

http://www.oecdbetterlifeindex.org/

http://www.oecdregionalwellbeing.org/

www.irpet.it

 

Note

(1) Sono escluse le seguenti tipologie di spesa del FESR poiché non riconducibili a vettori specifici del modello Input‐Output: Governance e capacità istituzionale (Asse VIII), misure di marketing e promozione territoriale (Asse VI), misure di sviluppo attività artistiche (Asse IV).

 

Condividi questo contenuto
 
 
 
 
 
 
 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *